Modifica dell'articolo 580 del codice penale in materia di eutanasia

  • Pubblicato il 22 Aprile 2020
  • da Istituto d'Istruzione Superiore Pomponio Leto, Salerno
Modifica dell'articolo 580 del codice penale in materia di eutanasia

Onorevoli senatori! - Il presente disegno di legge si propone di colmare una lacuna nel nostro ordinamento giuridico volta ad escludere la responsabilità penale di colui che aiuta la persona affetta da malattie irreversibili il cui unico desiderio è quello di poter scegliere come porre fine alla propria esistenza. Il corpo rappresenta un’esplicazione dell’“io” di ciascuna persona ed è proprio attraverso le scelte attinenti la propria sfera fisica che ogni individuo manifesta cosa intende per “vita dignitosa”.

In una società laica, pluralista e scevra da condizionamenti religiosi è dovere del legislatore garantire accanto al diritto alla vita anche il diritto ad una morte dignitosa. Il legislatore non può continuare a mantenere un comportamento astensionistico è giunto il momento di colmare una evidente lacuna normativa che, ad oggi, non consente, a persone capaci di intendere e di volere e affetti da una malattia irreversibile, di porre fine liberamente alla propria esistenza, anche con l’aiuto di terze persona, qualora la malattia lo renda indispensabile. Ecco, dunque, la necessità di aggiungere un’ulteriore esimente alla responsabilità penale che sia normativamente definita.

Articolo 1

È esclusa la responsabilità penale per i soggetti che agevolano il suicidio allorquando sussistono le seguenti condizioni:
- la persona richiedente sia affetta da patologie irreversibili, fonti di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili ed è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale;
- la persona richiedente sia capace di intendere e di volere e di assumere decisioni libere e consapevoli.

Articolo 2

Ai fini dell’applicazione dell’esclusione della responsabilità penale per la fattispecie di cui all’articolo 1, il soggetto che agevola l’esecuzione del suicidio deve assicurarsi che il malato abbia espletato un percorso di aiuto psicologico presso una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale che certifica la libera volontà del richiedente.

 

il 17/05/2020
A. M. F. T. - Salerno
ha proposto il seguente emendamento:
Proposta emendativa al disegno di legge "Modifica dell'art.580 del codice penale". All'articolo 2 aggiungere, in fine, il seguente periodo: "Qualora il soggetto che agevola l'esecuzione del suicidio non abbia adempiuto ai suoi doveri nei confronti del malato, rischia una pena dai 2 ai 3 anni di carcere".
Approvato
  • Voti totali: 22
  • Favorevoli: 22
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0

Onorevoli senatori! - Il presente disegno di legge si propone di colmare una lacuna nel nostro ordinamento giuridico volta ad escludere la responsabilità penale di colui che aiuta la persona affetta da malattie irreversibili il cui unico desiderio è quello di poter scegliere come porre fine alla propria esistenza. Il corpo rappresenta un’esplicazione dell’“io” di ciascuna persona ed è proprio attraverso le scelte attinenti la propria sfera fisica che ogni individuo manifesta cosa intende per “vita dignitosa”.
In una società laica, pluralista e scevra da condizionamenti religiosi è dovere del legislatore garantire accanto al diritto alla vita anche il diritto ad una morte dignitosa. Il legislatore non può continuare a mantenere un comportamento astensionistico è giunto il momento di colmare una evidente lacuna normativa che, ad oggi, non consente, a persone capaci di intendere e di volere e affetti da una malattia irreversibile, di porre fine liberamente alla propria esistenza, anche con l’aiuto di terze persona, qualora la malattia lo renda indispensabile. Ecco, dunque, la necessità di aggiungere un’ulteriore esimente alla responsabilità penale che sia normativamente definita.


Art. 1

È esclusa la responsabilità penale per i soggetti che agevolano il suicidio allorquando sussistono le seguenti condizioni:
-la persona richiedente sia affetta da patologie irreversibili, fonti di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili ed è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale;
- la persona richiedente sia capace di intendere e di volere e di assumere decisioni libere e consapevoli

Art. 2

Ai fini dell’applicazione dell’esclusione della responsabilità penale per la fattispecie di cui all’articolo 1, il soggetto che agevola l’esecuzione del suicidio deve assicurarsi che il malato abbia espletato un percorso di aiuto psicologico presso una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale che certifica la libera volontà del richiedente.
Qualora il soggetto che agevola l'esecuzione del suicidio non abbia adempiuto ai suoi doveri nei confronti del malato, rischia una pena dai 2 ai 3 anni di carcere.

Approfondimento

Approfondimento normativo

In Italia, in virtù dell’assenza di un’esplicita disciplina in materia di eutanasia, che consenta di affermare con sicurezza la liceità o l’illiceità dell’istituto, la dottrina individua, quali riferimenti normativi della materia in esame, molteplici norme costituzionali, norme contenute in trattati internazionali, norme di fonte codicistica e legislativa (con particolare riferimento all’articolo 5 del codice civile, agli articoli 579 e 580 del codice penale, e agli articoli 5 e 6 della legge n. 219/2017), e norme contenute nelle cd. fonti di soft-law (e segnatamente l’articolo 17 del Codice di deontologia medica).
All’udienza del 25 settembre 2019, nell’ambito del giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. instaurato dalla Corte di Assise di Milano nel cd. “caso Cappato”, la Corte Costituzionale, si è pronunciata nel senso di ritenere «non punibile, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli».
In data 22 novembre è stata depositata la sentenza n. 242 del 2019, con la quale la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p. «nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione –, agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente.

 

Approfondimento tematico

Il suicidio assistito consiste nella somministrazione di sostanze che conducono alla morte del paziente. Tale fattispecie differisce dall’eutanasia in quanto, quest’ultima, prevede anche la presenza di terzi soggetti che assistono la persona che decide di togliersi la vita. Il “fine vita” rappresenta un tema molto delicato per il giurista poiché le scelte legislative si intersecano con questioni di carattere etico, morale e religioso che attengono alla sfera sia della coscienza individuale che della coscienza collettiva. Ovviamente la possibilità di farlo e soprattutto le condizioni variano da Stato a Stato, e sono innumerevoli. Ad esempio in Svizzera è legale solo nel caso in cui si tratti di malati terminali o di persone che soffrono, mente in Belgio, dove è legale, secondo delle statistiche, il suicidio assistito è praticato da persone affette da neoplasie, ma anche persone che vanno incontro a malattie degenerative. Generalmente si tratta di casi di soggetti anziani, anche se hanno suscitato molte polemiche casi di giovani che hanno deciso di compiere quest’atto in preda a dolori fisici ma anche mentali. In Italia il suicidio assistito e l’eutanasia sono considerati illegali. Se, però, è possibile affermare l’esistenza di un diritto alla vita, secondo la nostra Costituzione, non si può dire lo stesso riguardo l’esistenza di un diritto alla morte. Ogni cittadino dovrebbe avere il diritto di porre fine alla sua vita in maniera dignitosa, per porre fine a immani sofferenze. Non sacrificabile è, infatti, il valore della dignità umana, che trova protezione sia negli ordinamenti nazionali che internazionali.  La dignità umana rappresenta, infatti, il cardine dei principi costituzionali, costituendo presupposto imprescindibile per l’affermazione del principio di uguaglianza e dei diritti fondamentali di ogni individuo.
 La pronuncia della Corte Costituzionale non mette sicuramente fine al dibattito innescato da delicato “caso Cappato”, tuttavia non è più accettabile, né un atteggiamento astensionista del legislatore, né un atteggiamento estremamente interventista che restringa la libera scelta dei singoli individui. Bisogna adottare subito provvedimenti, nel rispetto del pluralismo morale e religioso tipico della società moderna, affinché ogni individuo, affetto da patologie allo stadio terminale o comportanti sofferenze insopportabili, possa vedersi riconosciuto il diritto a scegliere se e come morire, e che, di conseguenza, colui che presta il proprio aiuto per consentire l’esercizio di tale diritto non possa essere incriminato.