Della cittadinanza

  • Pubblicato il 20 Dicembre 2023
  • da VITTORIO EMANUELE II, Napoli
Della cittadinanza

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Art.1
(Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91)


1. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono apportate le seguenti modificazioni:
1. E’ cittadino per nascita:
a) il figlio di padre o di madre cittadini;
a) all'articolo 1, comma 1,  alla lettera a) è aggiunta, la seguente lettera:
« a bis) chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri »;
b) chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.
2. è considerato cittadino per nascita il figlio di ignoti trovato nel territorio della Repubblica, se non venga provato il possesso di altra cittadinanza.
b) all'articolo 1 è aggiunto, il seguente comma:
« 2-bis. Nel caso di cui alla lettera a bis) del comma 1, il figlio di genitori stranieri, può rinunciare alla cittadinanza italiana entro due anni dal raggiungimento della maggiore età ».
c) l’articolo 4, comma 2 è abrogato ed è sostituito dal seguente comma:
« 2. Il minore straniero che risiede in Italia e che ha frequentato regolarmente o il corso di istruzione primaria, o secondaria di primo grado o secondaria di secondo grado, acquista la cittadinanza italiana al  compimento della maggiore età. Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l'interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza. »


Art.2
(Ambito di applicazione)


Le disposizioni della presente legge si applicano agli stranieri che prima della sua entrata in vigore hanno maturato i diritti in essa previsti.

 

  
Il disegno di legge che presentiamo apporta delle modifiche alla legge  91/1992 che disciplina le modalità di acquisizione della cittadinanza italiana. Questa legge è entrata in vigore il 16/08/1992, più di trent’anni fa e la nostra società oggi è cambiata.  Sono un milione i minori stranieri che vivono in Italia, che frequentano le nostre stesse scuole, che parlano e pensano in italiano, ma a cui lo Stato non riconosce la cittadinanza. Infatti la legge 91/1992, all’articolo 4, co.2 statuisce: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data.”  Noi vogliamo modificare questa legge, in quanto uno straniero, nato in Italia deve acquisire la cittadinanza italiana. In tal modo, si introduce per l’acquisto della cittadinanza il criterio dello “ius soli”. Siamo giunti a questa soluzione, anche perché dopo il compimento della maggiore età, lo straniero nato in Italia, anche se presenta la richiesta per acquisire la cittadinanza, non la ottiene subito, ma i tempi sono di circa quattro anni. E in questi quattro anni è impedito l’accesso ai concorsi pubblici, all’esercizio del diritto di voto e a tutti i diritti di cui gode il cittadino italiano. Il criterio dello “ius soli”  sarebbe un rimedio al calo demografico e restituirebbe dignità a tutti coloro che, nati e vissuti in Italia, che hanno frequentato la scuola, che parlano e pensano in italiano, che sono e si sentono italiani, possano anche accedere al mondo del lavoro, pagare le imposte e contribuire alla crescita economica e demografica dell’Italia. La legge vigente imponendo a chi nasce in Italia un’attesa di 18 anni e un ulteriore periodo di incertezza circa l’esito dell’istanza, provoca notevoli ostacoli all’integrazione sociale: infatti i minori, pur essendo nati e residenti in Italia, restano stranieri in Italia fino a 18-19 anni e tale condizione riguarda oggi 1 milione di minori e il dato è destinato ad aumentare in modo esponenziale. Tutti questi giovani, giunti alla maggiore età, possono continuare a soggiornare in Italia soltanto se, al pari degli altri stranieri, richiedono e ottengono un permesso di soggiorno e, in caso contrario, sono espulsi verso paesi di origine nei quali non hanno mai vissuto o vi hanno vissuto per un breve periodo. E’ come se milioni di italiani che vedono negata la cittadinanza non contassero nulla; mentre il riconoscimento di quel diritto incarnerebbe appieno quel precetto dell’uguaglianza sostanziale della nostra Costituzione (art.3 comma 2) che prevede che sia “compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”.
Anche se siamo in un periodo storico flagellato da guerre e crisi economica, noi cittadini italiani e cittadini Europei non possiamo negare la cittadinanza agli stranieri nati nel nostro Paese, creando discriminazione, disagio sociale e sofferenza; i giovani sono la ricchezza e il futuro di ogni Paese e non dobbiamo privarcene. In tutto il mondo ci sono seconde, terze e quarte generazioni di italiani che di tale hanno solo la discendenza, perché laddove sono nati, si sono integrati e sono cittadini di un altro Stato, pur  avendo anche la cittadinanza italiana. Diamo dignità ai figli degli stranieri nati in Italia, riconoscendoli cittadini italiani, perché solo così potremo far maturare in loro l’orgoglio di appartenere al popolo italiano.

 

 

 

il 02/04/2024
E. E. - Napoli
ha proposto il seguente emendamento:
A. E. Napoli ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento 1.1
Articolo 1 comma 1 lettera b) sostituire la dicitura “chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono.” Con la dicitura “chi è nato nel territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi.”
Approvato
  • Voti totali: 15
  • Favorevoli: 15
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0
il 02/04/2024
E. E. - Napoli
ha proposto il seguente emendamento:
G. F. - Napoli
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento 5.1.
Articolo 5 sostituire la dicitura: “Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana quando risiede legalmente da almeno sei mesi nel territorio della Repubblica, ovvero dopo tre anni dalla data del matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili e se non sussiste separazione legale.” Con la dicitura “Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano acquista la cittadinanza italiana.”
Respinto
  • Voti totali: 16
  • Favorevoli: 5
  • Contrari: 11
  • Astenuti: 0

Approfondimento

Il termine cittadinanza indica il rapporto tra un individuo e lo Stato, ed è in particolare uno status al quale l'ordinamento giuridico ricollega la pienezza dei diritti e dei doveri contenuti nella Costituzione.
I criteri per l’acquisto della cittadinanza sono lo ius soli e lo ius sanguinis.
Lo ius soli è il diritto secondo il quale chiunque nasca “sul suolo” di una determinata nazione ne diventa automaticamente cittadino.
Gli Stati dove lo ius soli è il principale mezzo di acquisto della cittadinanza nazionale sono diversi: tra questi rientrano quasi tutti i paesi del continente americano, compresi gli Stati Uniti.
Anche in Europa esiste un gran numero di luoghi ove predomina lo ius soli, ma, in tali casi, ad essere vigente non è un vero e proprio ius soli, in quanto oltre alla nascita devono verificarsi determinate condizioni.
In Germania, alla nascita si acquisisce la cittadinanza se uno dei genitori ha il permesso di soggiorno permanente o entrambi risiedono sul territorio tedesco da 8 anni.
In Belgio, un bambino diventa cittadino se almeno uno dei genitori è nato in Belgio o vi ha vissuto 5 degli ultimi 10 anni.
In Portogallo, diventano automaticamente cittadini i figli di genitori stranieri se almeno uno dei genitori è nato in Portogallo e vi risiede, oppure se i genitori che hanno fatto richiesta di cittadinanza vi risiedono da almeno due anni.
In Francia, i nati da almeno un genitore straniero, a sua volta nato nel Paese, acquisiscono automaticamente la cittadinanza francese alla nascita. I bambini nati da genitori entrambi stranieri invece non diventano automaticamente francesi, ma possono richiedere la cittadinanza a 18 anni, sempre che i genitori risiedano nel Paese da almeno 5 anni.
In Gran Bretagna, il bambino deve avere almeno un genitore già in possesso della cittadinanza britannica.
In Olanda, la cittadinanza viene concessa o al compimento del 18° anno d’età o se il bambino è nato da almeno un genitore che ha la sua residenza principale nei Paesi Bassi o nelle Antille olandesi.
L’Italia rientra tra i Paesi europei con le regole più severe per l’acquisizione della cittadinanza da parte degli stranieri. Il 16 agosto 1992 entra in vigore la legge n.91 del 5 febbraio 1992 contenente le nuove norme sulla cittadinanza italiana. Fino a quel momento questa materia era disciplinata dalla legge n.555 del 13 giugno del 1912, intitolata “Sulla cittadinanza italiana”, che rimase vigente anche successivamente all’entrata in vigore della Costituzione. Ma le prime vere disposizioni in materia di acquisto, perdita e riacquisto della cittadinanza comparvero nello Statuto Albertino e nel Codice civile del 1865. Lo Statuto Albertino del Regno di Sardegna che risale al 1848 divenne 13 anni dopo la prima legge fondamentale del Regno d’Italia, che, anche se non si può definire una vera e propria Costituzione, raccoglieva comunque una serie di principi fondamentali su cui si fondava, appunto, il Regno. All’art 24 recitava così: “Tutti i regnicoli, qualunque sia il loro titolo o grado, sono eguali dinanzi alla legge. Tutti godono egualmente i diritti civili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili, e militari, salve le eccezioni determinate dalle leggi.” La legge 555/1912, "Sulla cittadinanza italiana", ammetteva sia lo ius sanguinis che  lo “ius soli”.
Con la legge n. 91/1992 la cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis: si è cittadini italiani se si nasce o si è adottati da cittadini italiani.
La possibilità di acquisto iure soli, invece, rappresenta solo una eventualità residuale.
Solo in alcuni casi particolari, si può essere cittadini italiani per nascita, quindi solo eccezionalmente è possibile che un individuo, nato sul territorio italiano e per tal motivo, sia riconosciuto quale cittadino dello Stato:
se nasce sul territorio italiano da genitori apolidi;
se nasce sul territorio italiano da genitori ignoti;
se nasce sul territorio italiano da genitori che non possono trasmettere - secondo la legge dello Stato di provenienza - la propria cittadinanza.
Lo straniero che sia nato in Italia può divenire cittadino italiano a condizione che vi abbia risieduto legalmente e ininterrottamente fino al raggiungimento della maggiore età e dichiari, entro un anno dal compimento della maggiore età, di voler acquistare la cittadinanza italiana (art. 4, co. 2).
La legge che ha più di trent’anni contrasta con i tanti figli di stranieri che sono nati in Italia, frequentano le scuole italiane, parlano l’italiano ma sono considerati stranieri.
Allo stato attuale, difatti, benché nati e cresciuti in Italia, i figli di immigrati sono considerati stranieri, e, per tale motivo, ad essi è preclusa la possibilità di fare cose ed accedere ad attività essenziali per un corretto sviluppo dell’individuo e della sua personalità, circostanza che rappresenta un diritto fondamentale nella nostra carta costituzionale.
Infatti i ragazzi, nati in Italia da genitori stranieri o arrivati in Italia da piccolissimi, dipendono fino alla maggiore età dal permesso di soggiorno dei genitori: se il permesso scade e se i genitori perdono il lavoro, loro diventano irregolari; fino a quando non raggiungono la maggiore età, non possono iscriversi a campionati sportivi in cui esistono limitazioni per i giocatori stranieri. Invero, la legge permette ai minori stranieri di fare sport, ma non garantisce agli stessi la possibilità di essere inseriti nelle selezioni nazionali, per le quali è invece necessario avere la cittadinanza italiana; tutti i loro viaggi all’estero devono essere preceduti dalla verifica della necessità di avere o meno il passaporto italiano o un visto; se volessero andare all’estero con una borsa di studio per un’esperienza formativa più lunga di dodici mesi, perderebbero automaticamente la carta di soggiorno e dovrebbero intraprendere la trafila per richiederla; questi ragazzi non possono votare, né candidarsi, ma nemmeno partecipare a numerosi concorsi pubblici o visite culturali (solo ad esempio, per visitare Montecitorio, per ragioni di sicurezza, è necessario essere cittadini UE).
Da vari anni, si discute sulla modifica della legge 91/1992, e sono anche stati presentati disegni di legge che il Parlamento ha accantonato, considerando il tema non di primaria importanza. Si è parlato di ius soli condizionato, di ius soli sportivo, di ius culturae, ma una legge ad oggi non è stata approvata. I giovani sono il futuro e la crescita di uno Stato e negare la cittadinanza con il criterio dello ius soli è un errore imperdonabile. Tutti i diritti e i doveri dei cittadini sono contenuti nella nostra Costituzione e i nostri Padri e Madri Costituenti, proiettati nel futuro hanno, all’articolo 3,  formulato il principio che riconosce a tutti i cittadini  pari dignità sociale e uguaglianza davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Inserire lo ius soli nel nostro ordinamento è un atto di civiltà.