Norme in materia di biblioteche carcerarie

  • Pubblicato il 23 Aprile 2020
  • da Liceo Giacomo Leopardi, Recanati (MC)
Norme in materia di biblioteche carcerarie

Onorevoli Senatori! - La cultura, cioè l’acquisizione delle conoscenze, lo sviluppo delle capacità logiche e creative, la possibilità di fare nuove esperienze e trarne insegnamenti, svolge un ruolo fondamentale nella formazione della persona umana. La mancanza di occasioni culturali, infatti, può condizionare negativamente, assieme ad altri fattori sociali, morali e psicologici, il processo di sviluppo personale. Tale sviluppo, non si può, peraltro, considerare mai concluso o definitivamente pregiudicato da esperienze negative pregresse.
Infatti, anche la persona detenuta è chiamata dalla Costituzione (articolo 27) a vivere la propria condizione come un’occasione per rivedere e riordinare la sua personalità e la sua condotta.
Certo, devono esistere le condizioni perché ciò avvenga (conosciamo le complesse e spesso drammatiche difficoltà – specie in questo periodo di emergenza sanitaria – nelle quali si trovano le persone recluse e con loro il personale carcerario a causa delle carenze di spazi e strutture). D’altra parte, gli stessi padri costituenti dimostrarono nella discussione sull’articolo 27, di considerare arduo l’obiettivo indicato nel citato articolo 27. Tuttavia, noi riteniamo che sia possibile e giusto perseguirlo, non soltanto per formale rispetto nei confronti delle norme vigenti (Costituzione italiana, Legge 354 del 26 luglio 1975, Risoluzione ONU del 30 agosto 1955 contenente regole minime per il trattamento dei detenuti, Raccomandazione R (2006)2 del consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, ecc.), ma anche per il senso di rispetto che si deve per la persona umana e nell’interesse stesso della società, che potrà godere dei positivi effetti prodotti dalla rieducazione del condannato.
A questo fine abbiamo pensato di collegare l’esercizio del diritto alla cultura e al lavoro, come fattori essenziali per la realizzazione del percorso rieducativo delle persone detenute in carcere.
Considerando anche le difficoltà economiche dei bilanci pubblici, abbiamo ritenuto che fosse realizzabile un incremento del patrimonio librario a disposizione delle persone carcerate attraverso la creazione di reti (off-line) con le biblioteche territoriali. In questo modo sarebbe possibile da parte delle persone carcerate attingere a un catalogo molto più vasto di quello a disposizione nelle singole istituzioni carcerarie, aumentando inoltre i testi fruibili in lingua straniera, esigenza particolarmente sentita a causa della composizione nazionale della popolazione carceraria (articoli 2 e 3). Tale soluzione è stata già sperimentata in scala territoriale nella città di Roma.
Inoltre abbiamo previsto un’esperienza di formazione e lavoro nel settore bibliotecario (articoli 4 e 5), inserendo la possibilità di frequentare corsi per tecnico di biblioteca e di svolgere attività di lavoro volontario presso le biblioteche del territorio, che a loro volta beneficeranno della collaborazione prestata.
Gli oneri finanziari, modesti, necessari per le attrezzature e le dotazioni, saranno reperiti tramite un apposito stanziamento di bilancio (articolo 6).

Art. 1
(Finalità)


Al fine di migliorare le misure volte ad assicurare il rispetto della dignità della persona e un trattamento teso, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale delle persone detenute, la presente legge dispone:
a)    il potenziamento del servizio bibliotecario all’interno degli istituti attraverso la sua integrazione con il sistema bibliotecario territoriale;
b)    la realizzazione di percorsi di formazione professionale nel campo della catalogazione bibliografica rivolti alle persone detenute in carcere, anche al fine di consentire lo svolgimento di attività di inserimento lavorativo volontario nelle biblioteche territoriali.


Art. 2
(Messa a disposizione dei cataloghi bibliotecari territoriali)


Nell’ambito di loro competenza, le Regioni adottano i provvedimenti necessari per realizzare il trasferimento, su idoneo supporto digitale off-line, dei cataloghi bibliotecari On-line public access catalogue (OPAC), del territorio immediatamente adiacente a ciascun Istituto penitenziario.
Le Direzioni degli istituti penitenziari provvedono a garantire la disponibilità di un PC che consenta ai detenuti la consultazione dei cataloghi forniti dalle OPAC.


Art. 3
(Prestito interbibliotecario)


Le istituzioni carcerarie e le biblioteche comprese nell’ambito territoriale di riferimento, sottoscrivono una convenzione che disciplina il prestito interbibliotecario con le biblioteche degli istituti penitenziari a favore delle persone detenute che intendano consultare il patrimonio bibliografico disponibile.

 

Art. 4
(Formazione professionale)


L’amministrazione penitenziaria provvede alla stipula di convenzioni con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e con le Regioni per l’organizzazione di cosi di formazione affidati ad enti accreditati, selezionati sulla base di un bando pubblico.
I corsi di formazione riguarderanno sia i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano, sia elementi di teoria e tecnica della catalogazione bibliografica in analogico e in digitale. Per i detenuti stranieri sarà previsto l'insegnamento della lingua italiana.
Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di qualifica professionale corrispondente a tecnico di biblioteca.
L’accesso ai corsi sarà valutato da una Commissione, composta dal direttore del carcere e dai rappresentanti di centri territoriali dell’impiego, attraverso colloqui destinati a conoscere le attitudini e le professionalità del detenuto.


Art. 5
(Inserimento lavorativo volontario)


I detenuti che avranno ottenuto l’attestato professionale di cui al precedente articolo, potranno, su base volontaria, fare richiesta di inserimento lavorativo presso le biblioteche territoriali, dove verranno impiegati nelle attività lavorative conformi al profilo professionale acquisito.
A questo scopo, le competenti istituzioni penitenziaria, provvederanno a disciplinare con apposite convenzioni lo svolgimento di tale attività.
Al detenuto, in base all’impegno mostrato nella attività lavorativa, saranno riconosciuti permessi premio o riduzioni della pena o il godimento di un regime di semi-libertà. La remunerazione corrisponde a quanto stabilito nei contratti collettivi della categoria di riferimento. Al termine del periodo lavorativo, L’ente presso il quale il detenuto svolge la sua attività lavorativa gli rilascia un attestato.

 

Art. 6
(Copertura finanziaria)


Per le coperture dei maggiori oneri di cui alla presente legge, pari ad euro 70.000,00, è autorizzata per l'anno 2021 la spesa di euro 70.000,00 cui si fa fronte con le risorse di apposito e nuovo stanziamento istituito nello stato di previsione della spesa del bilancio dello Stato.

 

il 13/05/2020
B. B. - Recanati (MC)
ha proposto il seguente emendamento:
All'articolo 2, dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. Gli istituti penitenziari dovranno mettere a disposizione dei detenuti dei dispositivi elettronici che consentano la lettura dei libri in formato digitale in numero adeguato a garantire la diffusione della lettura all'interno di ciascuna struttura.»
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 12
  • Contrari: 4
  • Astenuti: 1
il 13/05/2020
B. B. - Recanati (MC)
ha proposto il seguente emendamento:
Dopo l'art. 5, inserire il seguente:

« Art. 5-bis.

(Incontri formativi con esperti)

Le Regioni stanzieranno a proseguo risorse necessarie per l'organizzazione di incontri formativi al fine di incentivare la riflessione e il confronto sugli argomenti dei libri letti, con la partecipazione eventuale di scrittori, autori e/o professori.»
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 15
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 1
il 14/05/2020
V. A. - Recanati (MC)
ha proposto il seguente emendamento:
Dopo l'art. 3, inserire il seguente:

<<Art. 3-bis.

(Dibattiti ed esperienze di lettura)

Potranno essere organizzati dibattiti anche tra gli stessi detenuti, seguendo un percorso di lettura comune che li porti a leggere lo stesso libro e a discutere sulle tematiche principali di esso, affinché possa diventare un'esperienza costruttiva per il detenuto e fonte di ispirazione per lui anche dopo aver scontato la sua pena ed essere uscito dal carcere.
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 14
  • Contrari: 2
  • Astenuti: 1
il 15/05/2020
S. M. - Recanati
ha proposto il seguente emendamento:
Proposta emendativa al disegno di legge «Disposizioni in materia di biblioteche carcerarie»
All'articolo 5, comma 3, dopo le parole «Al termine del periodo lavorativo, L’ente presso il quale il detenuto svolge la sua attività lavorativa gli rilascia un attestato» aggiungere le seguenti: «da poter inserire in un successivo curriculum, al pari di altre esperienze lavorative.»
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 14
  • Contrari: 2
  • Astenuti: 1
il 15/05/2020
S. M. - Recanati
ha proposto il seguente emendamento:
Proposta emendativa al disegno di legge «Disposizioni in materia di biblioteche carcerarie»
All'articolo 4, comma 2, dopo le parole «Per i detenuti stranieri sarà previsto l'insegnamento della lingua italiana» aggiungere le seguenti: «e la fornitura di materiale didattico, quali libri e riviste, in lingua.»
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 14
  • Contrari: 1
  • Astenuti: 2
il 17/05/2020
E. Q. - Recanati (MC)
ha proposto il seguente emendamento:
All'articolo 1, al comma 1, dopo le parole «sistema bibliotecario territoriale» inserire le seguenti:
«e l'ampliamento del catalogo con testi in lingua straniera, pari al 20% del totale»
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 15
  • Contrari: 2
  • Astenuti: 0
il 17/05/2020
E. Q. - Recanati (MC)
ha proposto il seguente emendamento:
All'articolo 6, al comma 1, sostituire, ovunque ricorrano, le parole «euro 70.000»con le seguenti: «euro 84.000»
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 12
  • Contrari: 4
  • Astenuti: 1
il 17/05/2020
E. Q. - Recanati (MC)
ha proposto il seguente emendamento:
All'articolo 6, al comma 1, dopo le parole "bilancio dello Stato" inserire le seguenti:
«Della cifra proposta, euro 14.000 saranno da imputare ai testi in lingua straniera»
Approvato
  • Voti totali: 17
  • Favorevoli: 13
  • Contrari: 2
  • Astenuti: 2

Onorevoli Senatori! - La cultura, cioè l’acquisizione delle conoscenze, lo sviluppo delle capacità logiche e creative, la possibilità di fare nuove esperienze e trarne insegnamenti, svolge un ruolo fondamentale nella formazione della persona umana. La mancanza di occasioni culturali, infatti, può condizionare negativamente, assieme ad altri fattori sociali, morali e psicologici, il processo di sviluppo personale. Tale sviluppo, non si può, peraltro, considerare mai concluso o definitivamente pregiudicato da esperienze negative pregresse.
Infatti, anche la persona detenuta è chiamata dalla Costituzione (articolo 27) a vivere la propria condizione come un’occasione per rivedere e riordinare la sua personalità e la sua condotta.
Certo, devono esistere le condizioni perché ciò avvenga (conosciamo le complesse e spesso drammatiche difficoltà – specie in questo periodo di emergenza sanitaria – nelle quali si trovano le persone recluse e con loro il personale carcerario a causa delle carenze di spazi e strutture). D’altra parte, gli stessi padri costituenti dimostrarono nella discussione sull’articolo 27, di considerare arduo l’obiettivo indicato nel citato articolo 27. Tuttavia, noi riteniamo che sia possibile e giusto perseguirlo, non soltanto per formale rispetto nei confronti delle norme vigenti (Costituzione italiana, Legge 354 del 26 luglio 1975, Risoluzione ONU del 30 agosto 1955 contenente regole minime per il trattamento dei detenuti, Raccomandazione R (2006)2 del consiglio dei Ministri dell’Unione Europea, ecc.), ma anche per il senso di rispetto che si deve per la persona umana e nell’interesse stesso della società, che potrà godere dei positivi effetti prodotti dalla rieducazione del condannato.
A questo fine abbiamo pensato di collegare l’esercizio del diritto alla cultura e al lavoro, come fattori essenziali per la realizzazione del percorso rieducativo delle persone detenute in carcere.
Considerando anche le difficoltà economiche dei bilanci pubblici, abbiamo ritenuto che fosse realizzabile un incremento del patrimonio librario a disposizione delle persone carcerate attraverso la creazione di reti (off-line) con le biblioteche territoriali. In questo modo sarebbe possibile da parte delle persone carcerate attingere a un catalogo molto più vasto di quello a disposizione nelle singole istituzioni carcerarie, aumentando inoltre i testi fruibili in lingua straniera, esigenza particolarmente sentita a causa della composizione nazionale della popolazione carceraria (articoli 2 e 3). Tale soluzione è stata già sperimentata in scala territoriale nella città di Roma.
Inoltre abbiamo previsto un’esperienza di formazione e lavoro nel settore bibliotecario (articoli 4 e 5), inserendo la possibilità di frequentare corsi per tecnico di biblioteca e di svolgere attività di lavoro volontario presso le biblioteche del territorio, che a loro volta beneficeranno della collaborazione prestata.
Gli oneri finanziari, modesti, necessari per le attrezzature e le dotazioni, saranno reperiti tramite un apposito stanziamento di bilancio (articolo 6).

Art. 1
(Finalità)


Al fine di migliorare le misure volte ad assicurare il rispetto della dignità della persona e un trattamento teso, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale delle persone detenute, la presente legge dispone:
a)    il potenziamento del servizio bibliotecario all’interno degli istituti attraverso la sua integrazione con il sistema bibliotecario territoriale e l'ampliamento del catalogo con testi in lingua straniera, pari al 20% del totale;
b)    la realizzazione di percorsi di formazione professionale nel campo della catalogazione bibliografica rivolti alle persone detenute in carcere, anche al fine di consentire lo svolgimento di attività di inserimento lavorativo volontario nelle biblioteche territoriali.


Art. 2
(Messa a disposizione dei cataloghi bibliotecari territoriali)


Nell’ambito di loro competenza, le Regioni adottano i provvedimenti necessari per realizzare il trasferimento, su idoneo supporto digitale off-line, dei cataloghi bibliotecari On-line public access catalogue (OPAC), del territorio immediatamente adiacente a ciascun Istituto penitenziario.
Le Direzioni degli istituti penitenziari provvedono a garantire la disponibilità di un PC che consenta ai detenuti la consultazione dei cataloghi forniti dalle OPAC.
Gli istituti penitenziari dovranno mettere a disposizione dei detenuti dei dispositivi elettronici che consentano la lettura dei libri in formato digitale in numero adeguato a garantire la diffusione della lettura all'interno di ciascuna struttura.

Art. 3
(Prestito interbibliotecario)


Le istituzioni carcerarie e le biblioteche comprese nell’ambito territoriale di riferimento, sottoscrivono una convenzione che disciplina il prestito interbibliotecario con le biblioteche degli istituti penitenziari a favore delle persone detenute che intendano consultare il patrimonio bibliografico disponibile.

Art. 4
(Dibattiti ed esperienze di lettura)

Potranno essere organizzati dibattiti anche tra gli stessi detenuti, seguendo un percorso di lettura comune che li porti a leggere lo stesso libro e a discutere sulle tematiche principali di esso, affinché possa diventare un'esperienza costruttiva per il detenuto e fonte di ispirazione per lui anche dopo aver scontato la sua pena ed essere uscito dal carcere.

Art. 5
(Formazione professionale)


L’amministrazione penitenziaria provvede alla stipula di convenzioni con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e con le Regioni per l’organizzazione di cosi di formazione affidati ad enti accreditati, selezionati sulla base di un bando pubblico.
I corsi di formazione riguarderanno sia i principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale italiano, sia elementi di teoria e tecnica della catalogazione bibliografica in analogico e in digitale. Per i detenuti stranieri sarà previsto l'insegnamento della lingua italiana e la fornitura di materiale didattico, quali libri e riviste, in lingua.
Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di qualifica professionale corrispondente a tecnico di biblioteca.
L’accesso ai corsi sarà valutato da una Commissione, composta dal direttore del carcere e dai rappresentanti di centri territoriali dell’impiego, attraverso colloqui destinati a conoscere le attitudini e le professionalità del detenuto.


Art. 6
(Inserimento lavorativo volontario)


I detenuti che avranno ottenuto l’attestato professionale di cui al precedente articolo, potranno, su base volontaria, fare richiesta di inserimento lavorativo presso le biblioteche territoriali, dove verranno impiegati nelle attività lavorative conformi al profilo professionale acquisito.
A questo scopo, le competenti istituzioni penitenziaria, provvederanno a disciplinare con apposite convenzioni lo svolgimento di tale attività.
Al detenuto, in base all’impegno mostrato nella attività lavorativa, saranno riconosciuti permessi premio o riduzioni della pena o il godimento di un regime di semi-libertà. La remunerazione corrisponde a quanto stabilito nei contratti collettivi della categoria di riferimento. Al termine del periodo lavorativo, L’ente presso il quale il detenuto svolge la sua attività lavorativa gli rilascia un attestato da poter inserire in un successivo curriculum, al pari di altre esperienze lavorative.

Art. 7
(Incontri formativi con esperti)

Le Regioni stanzieranno a proseguo risorse necessarie per l'organizzazione di incontri formativi al fine di incentivare la riflessione e il confronto sugli argomenti dei libri letti, con la partecipazione eventuale di scrittori, autori e/o professori.

Art. 8
(Copertura finanziaria)


Per le coperture dei maggiori oneri di cui alla presente legge, pari ad euro 84.000,00, è autorizzata per l'anno 2021 la spesa di euro 84.000,00 cui si fa fronte con le risorse di apposito e nuovo stanziamento istituito nello stato di previsione della spesa del bilancio dello Stato.
Della cifra proposta, euro 14.000 saranno da imputare ai testi in lingua straniera.

Approfondimento

Approfondimento normativo

Introduzione

L’evoluzione della normativa carceraria dal 1891 al 1948 

Il dibattito nella Assemblea Costituente e l’approvazione dell’articolo 27

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali  

La risoluzione ONU del 1955   

L’evoluzione della normativa europea  

La legge 354 del 1975 sull’Ordinamento penitenziario 

Il DPR 30 giugno 2000   

La carta dei diritti e dei doveri dei detenuti del 2012  

I disegni di legge depositati in questa legislatura   

Introduzione

L’approfondimento ha lo scopo di ricostruire l’evoluzione storico-giuridica delle norme che, a vario titolo, hanno regolato in Italia il trattamento delle persone private della libertà.
In questa rassegna si è cercato, in particolare, di sottolineare le innovazioni della normativa per ciò che riguarda lo svolgimento delle attività lavorative e la possibilità di accedere al patrimonio bibliografico, che costituiscono i due specifici interventi previsti dal nostro Disegno di Legge.

L’evoluzione della normativa carceraria dal 1891 al 1948

Nel 1889 venne emanato il codice penale Zanardelli, entrato in vigore il 1° gennaio 1890, che sostituì il codice penale sardo emanato nel 1859 ed esteso a tutte le province italiane, ad eccezione della Toscana, dopo l’Unità. Al 1889 risale anche la prima legge relativa all’edilizia penitenziaria e agli stanziamenti di bilancio per farvi fronte (legge 14 luglio 1889, n. 6165).
Il regolamento del 1891 prevedeva un sistema molto ricco e articolato di norme sull’ordinamento del personale dirigenziale e sul corpo degli agenti di custodia. In particolare le guardie carcerarie costituivano un corpo organizzato militarmente soggetto a gerarchia e disciplina militare rigidissime e oppressive che quasi li assimilava alla popolazione detenuta. Il regolamento conteneva disposizioni volte ad instaurare rapporti di rigida subordinazione gerarchica tra i direttori degli stabilimenti e la Direzione generale, e scoraggiare qualsiasi iniziativa autonoma e responsabilizzazione delle autorità locali. Questo sistema si ripercosse negativamente sulla vita dei detenuti costretti a dipendere dalle autorità centrali anche per questioni di poca importanza e attendere per mesi una risposta a istanze elementari. Per quanto riguarda i detenuti il regolamento era incentrato sul sistema delle punizioni e ricompense intorno al quale ruota la vita carceraria. Il regolamento prevedeva alcuni istituti che avrebbero potuto introdurre una timida liberalizzazione della vita carceraria, ma rimasero lettera morta o ebbero vita stentata.
Nel periodo “giolittiano” (caratterizzato da governi con indirizzi politici liberali), il regolamento del 1891 subì alcune importanti modifiche tendenti a mitigare le condizioni disumane dei detenuti. Venne soppresso l’uso della catena al piede per i condannati ai lavori forzati e furono introdotte modifiche al rigido sistema delle sanzioni disciplinari, eliminando le punizioni della camicia di forza, dei ferri e della cella oscura. I ferri saranno di fatto aboliti soltanto nel 1902, con l’articolo unico del regio decreto n. 337 del 2 agosto. Il successivo regio decreto 14 novembre 1903, n. 484 sancì l’abolizione della camicia di forza, dei ferri e della cella oscura, provvedimento dovuto più al fallimento di questi mezzi come reale deterrente per comportamenti indisciplinati che per la volontà d’umanizzare le drammatiche condizioni di vita in cui versava la popolazione detenuta. Il terzo filone su cui si indirizza l’attività riformatrice nei primi anni del Novecento riguarda l’impiego dei condannati in lavori di bonifica di terreni incolti o malarici regolato dalla legge 26 giugno 1904, n. 285.
Con regio decreto 18 giugno 1931, n. 787 venne approvato dal guardasigilli Alfredo Rocco il nuovo “Regolamento per gli Istituti di prevenzione e di pena”, fedele traduzione dell’ideologia fascista nel settore penitenziario, che rimarrà in vigore fino al 1975. Non venne varato un ordinamento radicalmente nuovo perché il regolamento del 1891 viene sostanzialmente mantenuto. Rimangono le tre leggi fondamentali della vita carceraria (lavoro, istruzione civile e pratiche religiose) che divengono tassative, nel senso che ogni altra attività è non solo vietata ma fatta oggetto di sanzioni disciplinari.
I punti qualificanti del regolamento Rocco sono:
- rigida separazione tra il mondo carcerario e la realtà esterna;
- limitazione delle attività consentite in carcere alle tre leggi fondamentali del trattamento (pratiche religiose, lavoro e istruzione);
- atomizzazione dei detenuti impedendo loro qualsiasi collegamento e presa di coscienza collettiva;
- esclusione dal carcere di qualsiasi persona estranea cioè non inserita nella gerarchia e non sottoposta alla disciplina penitenziaria;
- obbligo di chiamare i detenuti con il numero di matricola (al posto del cognome) volto alla soppressione della personalità del detenuto;
- carcere come istituzione chiusa.
Il Regolamento carcerario del 1931 suddivideva le carceri in tre gruppi: carceri di custodia preventiva, carceri per l’esecuzione di pena ordinaria e carceri per l’esecuzione di pena speciale. Secondo il regolamento del 1931 il carcere giudiziario era uno stabilimento di custodia preventiva, cioè riservato a coloro che devono ancora essere giudicati, ma sono stati arrestati per assicurarne la presenza al processo. Come tutti i regolamenti carcerari era basato sulla dualità punizione - premi ed elencava dettagliatamente tutto ciò che era vietato prevedendone la relativa punizione. Ad esempio, erano vietati e puniti: i reclami collettivi, il contegno irrispettoso, l’uso di parole blasfeme, i giochi, il possesso delle carte da gioco, i canti, il riposo in branda durante il giorno non giustificato da malattie o altro, il rifiuto di presenziare alle funzioni religiose, il possesso di un ago, di un mozzicone di matita, la lettura o il possesso di testi o periodici di contenuto politico oppure con immagini di nudi o seminudi. Era consentito scrivere non più di due lettere alla settimana ai familiari stretti ma non alla stessa persona (per far ciò veniva consegnata una matita e un foglio di carta che dovevano essere riconsegnati al termine della scrittura). Era obbligatorio: indossare divise del carcere (quelle a strisce per i condannati definitivi), farsi trovare in piedi vicino alla branda ben ordinata tutte le volte che le guardie entravano in cella per la conta o altro. Non era permesso leggere giornali politici e i quotidiani e settimanali consentiti venivano abbondantemente censurati tagliando gli articoli ritenuti non idonei. Durante i colloqui con i parenti, che avvenivano tra reti metalliche distanziate, era previsto l'ascolto da parte delle guardie. Le punizioni andavano dalla semplice ammonizione del direttore alla cella d'isolamento, ed erano previste sanzioni come il divieto di fumare, di scrivere, di lavarsi, di radersi per alcuni giorni, l'interruzione dei colloqui, la sottrazione del pagliericcio, fino al letto di contenzione (non solo nei manicomi), la camicia di forza e la cella “imbottita”. Molte infrazioni avevano risvolti “penali” ossia facevano scattare denunce e condanne che allungavano la pena.
I benefici consistevano sostanzialmente nella possibilità di accedere al lavoro in carcere oppure nell'assegnazione a un carcere “aperto”.
L’articolo 1 del regolamento del 1931 stabiliva: “i detenuti sono obbligati a frequentare le scuole istituite negli stabilimenti”.
Inoltre il testo del 1931 prevedeva l’allestimento di una biblioteca in carcere. I libri erano a disposizione dei detenuti in base a criteri decisi dal direttore dell’istituto, il quale decideva quali testi potevano essere letti e in quali locali, se in cella o in biblioteca.

Il dibattito nella Assemblea Costituente e l’approvazione dell’articolo 27

L’Articolo 27 della Costituzione Italiana recita: «La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.».
La discussione sul secondo comma che si svolse in Assemblea sul testo della Commissione vide la presentazione di due emendamenti, il primo a firma dell’on. Crispo, il secondo degli onorevoli Giovanni Leone e Bettiol; i due emendamenti muovevano dalla medesima preoccupazione, cioè quella di evitare che la formulazione proposta dalla Commissione suonasse come una presa di posizione a favore di una scuola del diritto penale (quella positiva) che vedeva nella rieducazione la funzione essenziale della pena. Il primo emendamento proponeva di sopprimere le parole sull’educazione, il secondo, riformulava così il comma: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità o che ostacolino la rieducazione morale del condannato.». Nel dibattito intervennero tra gli altri gli onorevoli Tupini e Moro. La maggioranza dell’Assemblea però mantenne il testo licenziato dalla Commissione.

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali del 1950

In materia di esecuzione delle pene, la Convenzione del 1950 si limita ad affermare che: «nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti» (articolo 3), senza altro riferimento alla condizione dei soggetti privati della libertà. Tuttavia, la Corte Europea è intervenuta in molteplici occasioni nella sua attività giurisprudenziale. Come vedremo più avanti, anche altri organi come la Commissione e il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, hanno integrato e ampliato la lettera della Convenzione.

La risoluzione ONU del 1955

Le previsioni contenute nella risoluzione dell’ONU (di particolare interesse ai fini del nostro disegno di legge, quelle previste dagli articoli 71 a 76 per quanto riguarda il lavoro e all’articolo 40 per ciò che riguarda le biblioteche: «Ogni stabilimento deve avere una biblioteca a disposizione di ogni categoria di detenuti e fornita sufficientemente di libri istruttivi») sono le seguenti:
PRIMA PARTE
REGOLE DI APPLICAZIONE GENERALE DI PRINCIPIO FONDAMENTALE
6.1. Le regole che seguono devono essere applicate con imparzialità. Non si deve fare alcuna differenza di trattamento in base a giudizi, specialmente di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinioni politiche o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di fortuna, di nascita o di qualsiasi altra situazione.
6.2. Al contrario, si devono rispettare le credenze religiose e i principi morali del gruppo al quale il detenuto appartiene.
REGISTRO
7.1. In ogni istituto in cui vi sono persone detenute, si deve tenere aggiornato un registro rilegato, in cui sia indicato per ciascun detenuto:
a. la sua identità;
b. i motivi della sua detenzione e l'autorità competente che l'ha disposta;
c. il giorno e l'ora dell'ammissione e dell'uscita.
7.2. Nessuno può essere ammesso in uno stabilimento senza un valido titolo di detenzione, i cui estremi devono essere segnati nel registro.
SEPARAZIONE DELLE CATEGORIE
8. Le varie categorie di detenuti devono essere sistemate in stabilimenti o sezioni di stabilimento distinti, tenendosi conto del sesso, età, precedenti, motivi della detenzione ed esigenze di trattamento. Perciò:
a. gli uomini e le donne devono essere sistemati, nei limiti del possibile, in stabilimenti diversi; quando un solo stabilimento riceve uomini e donne, il complesso dei locali destinato alle donne deve essere completamente separato;
b. gli imputati devono essere separati dai condannati;
c. le persone carcerate per debiti o condannate ad altra forma di detenzione civile devono essere separate da quelle detenute per reati;
d. i minori devono essere separati dagli adulti.
LOCALI DI DETENZIONE
9.1. Le celle o camere destinate all'isolamento non devono essere occupate che da un solo detenuto. Se, per motivi particolari, come un momentaneo affollamento, è necessario fare eccezione a questa regola, si dovrà evitare di collocare due detenuti in una camera o cella.
9.2. Quando si utilizzano dormitori, questi devono essere occupati da detenuti accuratamente selezionati e riconosciuti adatti ad essere collocati. La notte saranno sottoposti a regolare sorveglianza, adatta al tipo di stabilimento considerato.
10.1. I locali di detenzione, e in particolare quelli destinati ad accogliere i detenuti durante la notte, devono rispondere alle esigenze della igiene, tenuto conto del clima, particolarmente per ciò che riguarda la cubatura, la superficie minima, l'illuminazione, il riscaldamento e la ventilazione.
11. In ogni locale in cui i detenuti devono vivere o lavorare:
a. le finestre devono essere sufficientemente grandi perché il detenuto possa leggere e lavorare alla luce naturale; la chiusura di queste finestre deve permettere l'entrata dell'aria fresca, vi sia o no ventilazione artificiale;
b. l'illuminazione artificiale deve essere sufficiente per permettere al detenuto di leggere o di lavorare senza danno della vista.
12. Gli impianti sanitari devono permettere al detenuto di soddisfare i propri bisogni naturali al momento voluto, in modo proprio e decente.
13. Gli impianti di bagno e di doccia devono essere sufficienti perché ciascun detenuto possa essere posto in condizione di utilizzarli ad una temperatura adatta al clima e con la frequenza che esige l'igiene secondo la stagione e la posizione geografica, ma almeno una volta la settimana sotto un clima temperato.
14. Tutti i locali frequentati regolarmente dai detenuti devono essere mantenuti in perfetto stato di conservazione e di pulizia.
IGIENE PERSONALE
15. Si deve esigere dai detenuti la pulizia personale; a questo scopo, essi devono disporre di acqua e di oggetti di toletta necessari alla salute e alla polizia.
16. Al fine di permettere ai detenuti di presentarsi in modo conveniente e di conservare il rispetto di se stessi, si devono prevedere facilitazioni per la cura dei capelli e della barba. Gli uomini devono potersi rasare regolarmente.
VESTI E LETTO
17.1. I detenuti che non sono autorizzati a portare i propri indumenti personali devono ricevere un corredo appropriato al clima e sufficiente per conservarli in buona salute. Tali vestiti non devono essere in alcun modo degradanti o umilianti.
17.2 Tutti i vestiti devono essere mantenuti puliti e in buono stato. La biancheria deve essere cambiata e lavata con la frequenza necessaria a mantenere l'igiene.
17.3. In circostanze eccezionali, quando il detenuto si allontana dallo stabilimento per fini autorizzati, gli deve essere permesso di portare i suoi indumenti personali o vestiti tali da non attirare l'attenzione.
18. Quando i detenuti sono autorizzati a portare i loro indumenti personali, si devono prendere provvedimenti, al momento dell'ammissione nell'istituto, per assicurare che essi siano decenti e utilizzabili.
ALIMENTAZIONE
20.1. Ogni detenuto deve ricevere dall'amministrazione, secondo l'orario d'uso, una alimentazione di buona qualità, ben preparata, con un valore nutritivo sufficiente a mantenere la salute e le forze.
20.2. Ogni detenuto deve avere la possibilità di provvedersi di acqua potabile tutte le volte che ne ha bisogno.
ESERCIZIO FISICO
21.1. Ogni detenuto non occupato al lavoro all'aria aperta deve avere, quando il tempo lo permette, almeno un'ora al giorno di esercizio fisico adatto all'aria aperta.
21.2. I minori detenuti e tutti gli altri per i quali l'età e le condizioni fisiche lo permettano, devono ricevere, durante il periodo riservato a tale esercizio, una educazione fisica e ricreativa. A questo scopo, devono essere messi a loro disposizione il terreno, gli impianti e gli attrezzi.
SERVIZI SANITARI
22.1. Ogni stabilimento penitenziario deve disporre almeno dei servizi di un medico qualificato, deve avere conoscenze psichiatriche. I servizi medici devono essere organizzati in stretto collegamento con l'amministrazione generale del servizio sanitario della comunità o della nazione. Devono comprendere un servizio psichiatrico per la diagnosi e, ove sia il caso, per il trattamento dei casi di anormalità psichica.
22.2 Per i malati che hanno bisogno di cure speciali, occorre prevedere il trasferimento a stabilimenti penitenziari speciali od ospedali civili. Quando il trattamento ospedaliero è organizzato nell'interno dello stabilimento, questo deve essere fornito di materiale, attrezzatura, e prodotti farmaceutici che consentono di dare le cure e il trattamento conveniente ai detenuti malati, e il personale deve avere una formazione professionale sufficiente.
22.3 Ogni detenuto deve potere avere le cure di un dentista qualificato.
23.1 Negli stabilimenti per donne, vi devono essere attrezzature speciali per la cura delle donne incinte, puerpere e convalescenti. Nei limiti del possibile, si deve provvedere a che il parto avvenga in ospedale civile. Se il bambino nasce in carcere, è necessario che l'atto di nascita non faccia menzione di tale circostanza.
23.2 Quando è permesso alle madri di tenere con sé il loro bambino lattante, si devono prendere disposizioni per organizzare un nido di infanzia, dotato di personale qualificato, dove i bambini siano accolti durante il tempo in cui non sono lasciati alle cure della madre.
24. Il medico deve visitare ogni detenuto il più presto possibile dopo la sua ammissione e, dopo, tutte le volte che è necessario, con lo scopo particolare di accertare la possibile presenza di malattia fisica o mentale, e di prendere tutte le misure necessarie; di assicurare la separazione dei detenuti sospetti di essere affetti da malattie infettive o contagiose di segnalare le deficienze fisiche e mentali che potrebbero essere di ostacolo alla riclassificazione e di accertare la capacità fisica al lavoro di ciascun detenuto.
25.1 Il medico è incaricato di vegliare alla salute fisica e mentale dei detenuti. Dovrà visitare ogni giorno i detenuti malati, coloro che affermano di essere ammalati, e tutti coloro sui quali è particolarmente attirata la sua attenzione.
25.2 Il medico deve presentare rapporto al direttore ogni volta che ritiene che la salute fisica o mentale di un detenuto è stata o sarà pregiudicata per il prolungamento o per qualsiasi modalità della detenzione.
26.1 Il medico deve compiere regolari ispezioni e consigliare il direttore in ordine ai seguenti argomenti:
a. quantità, qualità, preparazione e distribuzione dei cibi;
b. igiene e pulizia dello stabilimento e dei detenuti;
c. salubrità, riscaldamento, illuminazione e ventilazione dello stabilimento;
d. qualità e pulizia dei vestiti e materiale lettereccio dei detenuti;
e. osservanza delle regole concernenti l'educazione fisica e sportiva quando questa è impartita da personale non specializzato.
26.2 Il direttore deve prendere in considerazione i rapporti e i consigli del medico previsti nelle regole 25.2 e 26 e, se è d'accordo, prendere immediatamente le misure necessarie perché le raccomandazioni siano eseguite; in caso di disaccordo, o quando la materia non è di sua competenza, trasmetterà subito il rapporto del medico, con le proprie osservazioni, alla autorità superiore.
DISCIPLINA E PUNIZIONI
27. L'ordine e la disciplina devono essere mantenuti con fermezza, ma senza portare maggiori restrizioni di quanto è necessario per mantenere la sicurezza e l'ordine di una vita in comune bene organizzata.
28.1.Nessun detenuto potrà avere, nei servizi dello stabilimento, un impiego che importi un potere disciplinare.
28.2 Tuttavia, questa regola non dovrà essere di ostacolo al buon funzionamento dei sistemi basati sull' "autogoverno" (self-governement). Questi sistemi, in effetti, importano che alcune attività o responsabilità di ordine sociale, educativo o sportivo, siano affidate, sotto controllo, a detenuti raggruppati per le esigenze del trattamento.
29. I seguenti oggetti devono essere sempre determinati o per legge o per regolamento dell'autorità amministrativa competente.
a. il comportamento che costituisce infrazione disciplinare;
b. la qualità e durata delle sanzioni disciplinari che possono essere inflitte;
c. l'autorità competente ad infliggere le dette sanzioni.
30.1. Nessun detenuto può essere punito senza essere informato dell'infrazione di cui si accusa, e senza che egli abbia avuto la possibilità di presentare le sue difese. L'autorità competente deve procedere ad un esame completo del caso.
30.3. Nei limiti in cui è necessario e possibile, si deve permettere al detenuto di presentare le sue difese per mezzo di un interprete.
31. Le pene corporali, il collocamento in segrete oscure ed ogni sanzione crudele, inumana o degradante, devono essere vietate come sanzioni disciplinari.
32.1. Le pene dell'isolamento e della riduzione di cibo non possono essere inflitte senza che il medico abbia visitato il detenuto e certificato per iscritto che lo stesso è in grado di sopportarle.
32.2 Le stesse regole valgono nei riguardi di tutte le misure punitive che presentano il pericolo di alterare la salute fisica o mentale dei detenuti. In ogni caso, tali misure non devono mai essere contrarie al principio indicato nella regola 31.
32.3 Il medico deve visitare ogni giorno i detenuti che subiscono tali sanzioni disciplinari e fare rapporto al direttore se ritiene necessario far cessare o modificare la sanzione per ragioni di salute fisica o mentale.

MEZZI DI COERCIZIONE
33. Gli strumenti di coercizione, come manette, catene, ferri e camicie di forza non devono mai essere applicate come sanzione. Le catene e i ferri non devono essere utilizzati più come mezzi di coercizione. Gli altri strumenti non possono essere utilizzati che nei casi seguenti:
a. come misura precauzionale contro l'evasione, durante il trasferimento, e curando sempre che siano tolti quanto il detenuto compare davanti ad una autorità giudiziaria o amministrativa;
b. per ragioni sanitarie su indicazione del medico;
c. per ordine del direttore, se gli altri mezzi per dominare un detenuto sono falliti, al fine di impedirgli di fare del male a sé o agli altri o di produrre danni; in questi casi il direttore deve consultare di urgenza il medico e fare rapporto all'autorità amministrativa superiore.
34. Il tipo e i mezzi di impiego degli strumenti di coercizione devono essere fissati dall'Amministrazione penitenziaria centrale. La loro applicazione non deve protrarsi oltre il tempo necessario.
INFORMAZIONI E DIRITTO DI RECLAMO DEI DETENUTI
35.1. Al momento dell'ammissione, ogni detenuto deve ricevere comunicazione scritta relativa al trattamento dei detenuti della categoria cui è assegnato, alle norme disciplinari dello stabilimento, ai mezzi autorizzati per ricevere informazioni e formulare reclami, e a tutto ciò che può essere necessario per conoscere i suoi diritti e i suoi doveri e per adattarsi alla vita dello stabilimento.
35.2 Se il detenuto è analfabeta, tali informazioni gli devono essere date oralmente.
36.1 Ogni detenuto deve avere, in ogni giorno lavorativo, la possibilità di presentare richieste e reclami al direttore dello stabilimento o al funzionario incaricato di riceverli.
36.2 Richieste e reclami possono essere presentati anche all'ispettore carcerario nel corso di una ispezione. Il detenuto potrà conferire con l'ispettore o col funzionario incaricato dell'ispezione fuori della presenza del direttore o del personale dello stabilimento.
36.3 Ogni detenuto deve essere autorizzato ad inviare, senza censura nel merito ma nella forma dovuta, richieste o reclami all'Amministrazione penitenziaria centrale, all'autorità giudiziaria o ad altra autorità competente, attraverso la via prescritta.
36.4 Salvo che la richiesta o il reclamo siano evidentemente temerari o infondati, devono essere esaminati senza ritardo, e al detenuto deve essere data risposta in tempo utile.
CONTATTI AL MONDO ESTERNO
37. I detenuti devono essere autorizzati, sotto la necessaria sorveglianza, a comunicare con la loro famiglia e con quei loro amici nei quali si può fare affidamento, a intervalli regolari, sia per corrispondenza sia ricevendo visite.
38.1. Ai detenuti provenienti da Stati stranieri si devono accordare facilitazioni ragionevoli per comunicare con i loro rappresentanti diplomatici e consolari.
38.2 Per ciò che riguarda i detenuti provenienti da Stati che non hanno rappresentanti diplomatici e consolari nel paese dove sono ristretti, come pure per i profughi e gli apolidi, devono accordarsi le stesse facilitazioni perché si possano rivolgere al rappresentante diplomatico dello Stato che è incaricato di curare i suoi interessi, e ad ogni autorità nazionale o internazionale che ha il compito di proteggerli.
39. I detenuti devono essere tenuti regolarmente al corrente dei più importanti avvenimenti, sia attraverso la lettura di giornali quotidiani, di periodici o di pubblicazioni penitenziarie speciali, sia attraverso audizioni radiofoniche, conferenze e mezzi analoghi, autorizzati o controllati dall'amministrazione.
BIBLIOTECA
40. Ogni stabilimento deve avere una biblioteca a disposizione di ogni categoria di detenuti e fornita sufficientemente di libri istruttivi.
RELIGIONE
41.1 Se lo stabilimento ospita un numero sufficiente di detenuti alla stessa religione, deve essere nominato o accolto un rappresentante qualificato dalla predetta religione. Se il numero dei detenuti lo giustifica e le circostanze lo permettono, l'impiego dello stesso deve essere previsto a tempo completo.
41.2. Il rappresentante qualificato, nominato o accolto a norma del n.1, deve essere autorizzato ad organizzare periodicamente servizi religiosi e a fare, tutte le volte che è stabilito, visite pastorali, in particolari ai detenuti della sua religione.
41.3. Non deve mai essere negato ad alcun detenuto il diritto di prendere contatto con un rappresentante qualificato di una religione. Al contrario, se un detenuto si oppone alla visita del rappresentante di una religione, si deve rispettare pienamente il suo atteggiamento.
42. Ogni detenuto deve essere autorizzato, nei limiti del possibile, a soddisfare alle esigenze della sua vita religiosa, partecipando ai servizi organizzati nello stabilimento e tenendo in suo possesso libri di edificazione e di istruzione religiosa della sua confessione.
DEPOSITO DI OGGETTI APPARTENENTI AI DETENUTI
43.1 Se il regolamento non autorizza il detenuto a tenere in suo possesso denaro, oggetti di valore, vestiti ed altre cose che gli appartengono, questi devono essere collocati in luogo sicuro, al momento della sua ammissione nello stabilimento. Si deve farne un inventario, che deve essere firmato dal detenuto, e devono essere presi provvedimenti per conservarli in buono stato.
43.2 I predetti oggetti, e il denaro, devono essergli restituiti all'atto della liberazione, ad eccezione del denaro che egli è stato autorizzato a spendere, degli oggetti che ha potuto mandare all'esterno e degli oggetti di vestiario che hanno dovuto essere distrutti per ragioni di igiene. Il detenuto deve rilasciare ricevuta degli oggetti e del denaro che gli sono stati restituiti.
43.3 I valori e oggetti inviati dall'esterno al detenuto sono sottoposti alle stesse norme.
43.4 Se il detenuto, all'atto della ammissione, porta con sé medicinali o stupefacenti, il medico deciderà l'uso da farne.
COMUNICAZIONI DI MORTI, MALATTIE, TRASFERIMENTI ECC....
44.1 In caso di morte o di malattia grave, di grave infortunio o di assegnazione del detenuto in uno stabilimento per malati di mente, il direttore deve informare immediatamente il coniuge se il detenuto è coniugato, o il parente più prossimo e in ogni caso, ogni altra persona che il detenuto stesso ha chiesto che ne fosse informata.
44.2 Il detenuto deve essere informato immediatamente della morte o della malattia grave di un parente prossimo. In caso di malattia pericolosa di tale persona, quando le circostanze lo permettono, il detenuto dovrà essere autorizzato a recarsi al suo capezzale, scortato o libero.
TRASFERIMENTO DEI DETENUTI
45.1 Quando i detenuti sono condotti nello stabilimento o ne sono fatti uscire, devono essere sottoposti il meno possibile alla vista del pubblico, e si devono prendere provvedimenti per proteggerli dagli insulti, dalla curiosità del pubblico e da ogni specie di pubblicità.
45.2 Deve essere vietato il trasporto di detenuti in cattive condizioni di aerazione e di luce, e in genere con ogni mezzo che imponga loro una sofferenza fisica.
45.3 Il trasporto dei detenuti si deve fare a spese dell'amministrazione e nello stesso modo per tutti.
PERSONALE PENITENZIARIO
46.1 L'Amministrazione penitenziaria deve scegliere con cura il personale di ogni grado, perché della sua integrità, della sua umanità e della sua capacità personale e professionale dipende la buona amministrazione degli stabilimenti penitenziari.
46.2 L'Amministrazione penitenziaria si deve costantemente sforzare di risvegliare e di mantenere nello spirito del personale e dell'opinione pubblica la convinzione che questa missione è un servizio sociale di grande importanza; per questo devono utilizzarsi tutti i mezzi opportuni per illuminare il pubblico.
46.3 Perché gli scopi indicati possano essere realizzati, i membri del personale devono essere impiegati a tempo completo in qualità di funzionari penitenziari di professione, devono avere lo stato giuridico di impiegati dello Stato ed avere la garanzia di una sicurezza di impiego che non dipende che dalla loro buona condotta, dalla efficacia del loro lavoro e dalla loro idoneità fisica. La remunerazione del personale deve essere sufficiente per permettere di assumere e mantenere in servizio uomini e donne capaci. I vantaggi della loro carriera si devono determinare tenendo conto della natura ingrata del loro lavoro.
47.1 Il personale deve possedere un livello intellettuale sufficiente.
47.2 Esso deve seguire, prima dell'ingresso in servizio, un corso di formazione generale e speciale e superare prove teoriche e pratiche.
47.3 Dopo l'ingresso in servizio e nel corso della carriera, il personale deve mantenere e migliorare le proprie conoscenze e la propria capacità professionale seguendo corsi di perfezionamento che saranno organizzati periodicamente.
48. Tutto il personale deve in ogni circostanza comportarsi e compiere il proprio dovere in modo che il suo esempio eserciti un benefico influsso sui detenuti e susciti il loro rispetto.
49.1 Si deve aggregare al personale, per quanto possibile, un numero sufficiente di specialisti, istitutori, istruttori tecnici.
49.2 I servizi degli assistenti sociali, istitutori e istruttori tecnici devono essere assicurati in modo permanente, ma senza escludere i servizi di ausiliari a servizio ridotto o volontari.
50.1 Il direttore dello stabilimento deve essere sufficientemente qualificato al suo compito per il suo carattere, le sue capacità amministrative, la formazione adatta e la sua esperienza in questo campo.
50.2 Egli deve utilizzare tutto il suo tempo alla sua funzione ufficiale, la quale non può essere accessoria.
50.3 Deve abitare nello stabilimento o nelle immediate vicinanze.
50.4 Quando due o più stabilimenti sono sotto la direzione di un solo direttore, questi deve visitare ciascuno di essi frequentemente. Inoltre, ogni stabilimento deve avere a capo un funzionario residente responsabile.
51.1 Il direttore, il vice direttore e la maggior parte del personale dello stabilimento devono parlare la lingua della maggior parte dei detenuti, o una lingua che sia compresa dalla maggior parte di essi.
51.2 Ogni volta che sia necessario, si deve ricorrere all'opera di un interprete.
52.1 Negli stabilimenti abbastanza grandi da richiedere l'impiego di uno o più medici a tempo completo,almeno uno di essi deve abitare nello stabilimento o nelle immediate vicinanze di questo.
52.2 Negli altri stabilimenti, il medico deve compiere visite ogni giorno e abitare abbastanza vicino per essere in grado di intervenire senza indugio in caso di urgenza.
53.1 Negli stabilimenti misti, la sezione femminile deve essere diretta da un funzionario di sesso femminile, che deve tenere in custodia tutte le chiavi di tale sezione dello stabilimento.
53.2 Nessun funzionario di sesso maschile deve entrare nella sezione femminile se non accompagnato da un funzionario di sesso femminile.
53.3 La sorveglianza delle detenute deve essere affidata esclusivamente a funzionari di sesso femminile. Ciò non esclude che, per motivi professionali, funzionari di sesso maschile, in particolare medici e istitutori, esercitino le loro funzioni in stabilimenti o sezioni destinati alle donne.
54.1 I funzionari degli stabilimenti, nei loro rapporti con i detenuti, non devono usare la forza che in caso di legittima difesa, di tentativo di evasione o di resistenza attiva o passiva a un ordine basato su una legge o su un regolamento. I funzionari che ricorrono alla forza devono limitarne l'impiego allo stretto necessario e fare immediatamente rapporto al direttore dello stabilimento.
54.2 Si devono sottoporre i funzionari penitenziari ad un addestramento fisico speciale perché siano in grado di dominare i detenuti violenti.
54.3 Salvo circostanze eccezionali, gli agenti che esplicano un servizio che li mette a contatto diretto coi detenuti non devono essere armati. D'altro canto, non si deve mai affidare un'arma a membri del personale che non ne abbiano appreso il maneggio.
ISPEZIONI
55. Ispettori qualificati e provati, nominati dall'autorità competente, devono procedere ad ispezioni regolari degli stabilimenti e dei servizi penitenziari. Sorveglieranno in particolare a che gli stabilimenti siano amministrati in conformità delle leggi e dei regolamenti in vigore e con lo scopo di raggiungere gli obbiettivi dei servizi penitenziari e di correzione.
SECONDA PARTE
REGOLE APPLICABILI A SPECIALI CATEGORIE DI DETENUTI
A. DETENUTI IN ESPIAZIONE DI PENE O MISURE
PRINCIPI GENERALI
56. I principi generali che seguono hanno lo scopo di fissare lo spirito nel quale i servizi penitenziari devono essere amministrati e gli scopi ai quali essi devono tendere, in conformità delle dichiarazioni contenute nell'osservazione preliminare del presente testo.
57. La carcerazione e le altre misure che hanno per effetto di togliere un delinquente dal mondo esterno sono afflittive per il fatto stesso che tolgono all'individuo il diritto di disporre di se stesso e lo privano della libertà. Salvo le misure di segregazione giustificate, e quelle necessarie per il mantenimento della disciplina, il sistema penitenziario non deve, perciò, aggravare le sofferenza inerenti a tale situazione.
58. Scopo e giustificazione delle pene e misure private della libertà sono, in definitiva, la protezione della società contro il delitto. Tale scopo non sarà raggiunto se il periodo di privazione della libertà non sarà utilizzato per ottenere, nei limiti del possibile, che il delinquente, una volta liberato, sia non soltanto desideroso, ma anche capace di vivere nel rispetto della legge e di provvedere a se stesso.
59. A questo fine, il regime penitenziario deve fare appello a tutti i mezzi curativi, educativi, morali, spirituali ecc..., e a tutte le forme di assistenza di cui può disporre, sforzandosi di applicarli conformemente alle necessità del trattamento individuale dei delinquenti.
60.1 Il regime dello stabilimento deve sforzarsi di ridurre le differenze che possono esservi tra la vita in carcere e quella libera, ove tali differenze portino a indebolire il senso di responsabilità del detenuto o rispetto della dignità della sua persona.
60.2 Prima del termine dell'esecuzione di una pena o misura è desiderabile che siano presi i provvedimenti necessari per assicurare al detenuto un ritorno progressivo alla vita nella società. Questo scopo potrà essere raggiunto, secondo i casi, attraverso un regime preparatorio alla liberazione, organizzato nello stabilimento stesso o in un altro stabilimento adatto, o con la liberazione in prova sotto un controllo, che non deve essere affidato alla polizia, ma che attui un'efficace assistenza sociale.
61. Il trattamento non deve accentuare l'esclusione dei detenuti dalla società ma, al contrario, ispirarsi al principio che essi continuano a farne parte. A questo fine bisogna ricorrere, nei limiti del possibile, alla cooperazione di organi della continuità per aiutare il personale dello stabilimento nel suo compito di riclassificazione dei detenuti. Assistenti sociali in collaborazione con le autorità dirigenti, devono avere la missione di mantenere e migliorare le relazioni del detenuto con la sua famiglia e con organismi sociali che possono essergli utili. Si devono fare passi per salvaguardare, in ogni modo compatibile con la legge e la pena da scontare, i diritti relativi agli interessi civili, i diritti della sicurezza sociale ed ogni altro diritto sociale dei detenuti.
62. I servizi sanitari dello stabilimento dovranno sforzarsi di scoprire e di curare ogni deficienza o malattia fisica o mentale che possa essere di ostacolo alla riclassificazione del detenuto. A questo fine si dovrà applicare ogni trattamento medico, chirurgico o psichiatrico ritenuto necessario.
63.1 La realizzazione di questi principi esige l'individualizzazione del trattamento e, a questo scopo, un sistema elastico di classificazione dei detenuti in gruppi; è desiderabile che ciascun gruppo sia collocato in uno stabilimento dove possa ricevere il trattamento necessario.
63.2 Questi stabilimenti non devono avere la stessa sicurezza per tutti i gruppi, ma è desiderabile prevedere più gradi di sicurezza secondo la necessità dei vari gruppi. Gli stabilimenti aperti, per il fatto stesso che non prevedono misure di sicurezza fisica contro le evasioni ma hanno affidamento, su questo punto, sull'autodisciplina dei detenuti, offrono, a individui accuratamente scelti, le condizioni più favorevoli alla loro riclassificazione.
63.3 E' desiderabile che, negli stabilimenti chiusi, l'individualizzazione del trattamento non sia ostacolata dal numero troppo elevato di detenuti. In certi Paesi, si ritiene che la popolazione di questi stabilimenti non dovrebbe superare i cinquecento. Negli stabilimenti aperti, la popolazione dovrebbe pure essere ridotta il più possibile.
63.4 D'altro canto, non è opportuno mantenere stabilimenti che siano tanto piccoli da non potervi organizzare un regime conveniente.
64. I doveri della società non cessano al momento della liberazione di un detenuto. Sarebbe necessario disporre di organismi statali e privati idonei ad apportare al detenuto liberato un aiuto post penitenziario efficace, tendente a diminuire i pregiudizi a suo riguardo e a permettergli la riclassificazione nella comunità.
TRATTAMENTO
65. Il trattamento dei condannati a pene privative della libertà deve avere lo scopo, nella misura in cui la durata della pena lo permette, di suscitare in essi la volontà e le capacità che permetteranno loro, dopo la liberazione, di vivere nel rispetto della legge e di provvedere a se stessi. Tale trattamento deve essere tale da incoraggiare nel soggetto il rispetto di se stesso e da sviluppare in lui il senso della responsabilità.
66. A questo scopo, si deve ricorrere in modo particolare alla assistenza religiosa nei Paesi dove ciò è possibile, all'istruzione, all'orientamento e alla formazione professionale, ai mezzi di assistenza sociale individuale, ai consigli relativi all'impiego, alla educazione fisica e del carattere morale, conformemente alle necessità individuali di ciascun detenuto. Occorre tener conto del passato sociale e penale del condannato, delle sue capacità e attitudini fisiche e mentali, delle sue disposizioni personali, della durata della pena e delle possibilità di riclassificazione.
66.2 Per ciascun detenuto condannato a pena di una certa durata, il direttore dello stabilimento deve ricevere, il più presto possibile dopo la sua ammissione, rapporti completi sui diversi aspetti citati nel numero che precede. Questi rapporti devono comprendere anche quello di un medico, possibilmente specializzato in psichiatria, sulle condizioni fisiche e mentali del soggetto.
66.3 I rapporti e i documenti allegati saranno posti in un fascicolo individuale, che sarà tenuto aggiornato e classificato, in modo da poter essere consultato dal personale responsabile ogni volta che sia necessario.
CLASSIFICAZIONE E INDIVIDUALIZZAZIONE
67. Gli scopi della classificazione devono essere:
a. separare i detenuti che, per il loro passato penale o per le loro cattive disposizioni, eserciterebbero cattiva influenza sui loro compagni;
b. distinguere i detenuti in gruppi, per facilitare il trattamento di vari gruppi di detenuti.
68. Si deve disporre, nei limiti del possibile, di stabilimenti separati o di sezioni distinte dello stesso stabilimento per il trattamento dei vari gruppi di detenuti.
69. Ogni volta che sia possibile, dopo l'ammissione e lo studio della personalità di un detenuto condannato a pena di una certa durata, deve fissare nei suoi riguardi un programma, in base ai dati raccolti e tenendo conto delle sue necessità individuali, delle sue capacità e delle sue condizioni.
PRIVILEGI
70. Si deve istituire in ogni stabilimento un sistema di privilegio adattato ai diversi gruppi di detenuti e ai vari metodi di trattamento, allo scopo di incoraggiare la buona condotta, sviluppare il senso della responsabilità e stimolare l'interesse e la cooperazione dei detenuti al loro trattamento.
LAVORO
71.1 Il lavoro penitenziario non deve avere carattere afflittivo.
71.2 Tutti i detenuti condannati sono sottoposti all'obbligo di lavoro, tenuto conto della loro idoneità fisica e mentale quale è indicata dal medico.
71.3 Si deve dare ai detenuti un lavoro produttivo sufficiente per tenerli occupati durante il periodo normale di una giornata di lavori.
71.4 Il lavoro deve essere, nei limiti del possibile, di tale misura da mantenere e aumentare la loro capacità di guadagnare onestamente di vivere dopo la liberazione.
71.5 Si deve dare una formazione professionale utile ai detenuti che sono in condizione di giovarsene, e particolarmente ai giovani.
71.6 Nei limiti compatibili con una selezione professionale razionale e con le esigenze dell'amministrazione e della disciplina penitenziaria, i detenuti devono poter scegliere il genere di lavoro che desiderano compiere.
72.1 L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono avvicinarsi il più possibile a quelli attuati per un lavoro analogo fuori dallo stabilimento, allo scopo di preparare i detenuti alle condizioni normali del lavoro libero.
72.2 Tuttavia, l'interesse dei detenuti e della loro formazione professionale non deve essere subordinata al desiderio di realizzare un utile per mezzo del lavoro penitenziario.
73.1 Le aziende penitenziarie industriali e agricole devono, di preferenza, essere dirette dall'amministrazione e non da imprenditori privati.
73.2 Quando i detenuti sono utilizzati per lavori non controllati dall'Amministrazione, devono essere posti sempre sotto la sorveglianza del personale penitenziario. Salvo che il lavoro sia compiuto per conto di altre Amministrazioni dello Stato, coloro ai quali è fornito il lavoro devono pagare all'Amministrazione il salario normale per tale lavoro, tenendo tuttavia conto del rendimento del detenuto.
74.1 Si devono prendere negli stabilimenti penitenziari i provvedimenti prescritti per proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori liberi.
74.2 Devono essere prese disposizioni per indennizzare i detenuti per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a condizioni uguali a quelle che la legge accorda ai lavoratori liberi.
75.1 Il numero massimo di ore di lavoro dei detenuti per giorno e per settimana deve essere fissato dalla legge o da un regolamento amministrativo, tenuto conto dei regolamenti o degli usi locali seguiti per ciò che riguarda i lavoratori liberi.
75.2 Le ore di lavoro, così fissate, devono lasciare un giorno di riposo per settimana e tempo sufficiente per l'istruzione e le altre attività previste per il trattamento e il riadattamento dei detenuti.
76.1 Il lavoro dei detenuti deve essere remunerato in modo equo.
76.2 Il regolamento deve permettere ai detenuti di utilizzare almeno una parte della loro remunerazione per acquistare oggetti autorizzati per uso personale proprio e di inviarne una parte alla famiglia.
76.3 Il regolamento deve prevedere altresì che una parte della remunerazione sia trattenuta dall'amministrazione per costituire un peculio da consegnare al detenuto al momento della sua liberazione.
ISTRUZIONE E RICREAZIONE
77.1 Si devono prendere provvedimenti per sviluppare l'istruzione di tutti i detenuti in grado di trarne profitto, ivi compresa l'istruzione religiosa in quei paesi dove essa è possibile. L'istruzione degli analfabeti e dei giovani deve essere obbligatoria, e l'amministrazione deve porvi particolare attenzione.
77.2 Nei limiti del possibile, l'istruzione dei detenuti deve essere coordinata con l'ordinamento dell'istruzione pubblica, perché essi possano proseguire la loro formazione senza difficoltà dopo la liberazione.
78. In tutti gli stabilimenti devono essere organizzate attività ricreative e culturali per il benessere fisico e intellettuale dei detenuti.
RELAZIONI SOCIALI, ASSISTENZA POST-PENITENZIARIA
79. Particolare attenzione dovrà essere dedicata al mantenimento e al miglioramento delle relazioni fra il detenuto e la sua famiglia quando esse sono utili nell'interesse di entrambe le parti.
80. E' necessario, all'inizio dell'esecuzione della pena, preoccuparsi dell'avvenire del detenuto dopo la sua liberazione. Egli deve essere incoraggiato a mantenere o ad iniziare relazioni con persone o enti esterni che possono favorire gli interessi della sua famiglia e il proprio riadattamento sociale.
81.1 I servizi e organi, ufficiali o meno, che aiutano i detenuti liberati a ritrovare il loro posto nella società, devono nei limiti del possibile, procurare ai liberati i documenti e carte di identità necessari, assicurare loro alloggio, lavoro, vestiti convenienti e adatti al clima e alla stagione nonché i mezzi necessari per raggiungere la destinazione e per sostenersi durante il periodo che segue immediatamente la liberazione.
81.2 I rappresentanti autorizzati di questi enti devono aver libero accesso allo stabilimento e ai detenuti. Il loro parere sul programma di riclassificazione del detenuto deve essere richiesto fin dall'inizio dell'esecuzione della pena.
81.3 E' desiderabile che l'attività di questi enti sia, nei limiti del possibile, accentrata o coordinata, al fine di assicurare la migliore utilizzazione dei loro sforzi.
B. DETENUTI INFERMI DI MENTE O MENTALMENTE ANORMALI
82. Gli infermi di mente non devono essere detenuti nelle carceri, e si devono prendere provvedimenti per trasferirli, il più presto possibile, negli istituti per malati di mente.
82.2 I detenuti affetti da vizi o anormalità mentalità devono essere posti sotto osservazione e curati in istituti specializzati sotto direzione medica.
82.3 Duranti la permanenza in carcere, queste persone devono essere poste sotto la sorveglianza speciale di un medico.
82.4 Il servizio medico o psichiatrico degli stabilimenti penitenziari deve assicurare il trattamento psichiatrico di tutti gli altri detenuti che ne hanno bisogno.
83. E' desiderabile che siano presi provvedimenti, d'accordo con gli organi competenti, perché il trattamento psichiatrico sia continuato, se è necessario, dopo la liberazione, e sia assicurata un'assistenza sociale post-penitenziaria a carattere psichiatrico.
C. PERSONE ARRESTATE O IN CUSTODIA PREVENTIVA
84. Nelle disposizioni che seguono, è chiamato "prevenuto" chiunque sia arrestato o carcerato per una violazione della legge penale, e si trovi detenuto nei locali della polizia o in casa di detenzione, ma non è ancora stato giudicato.
84.2 Il prevenuto gode della presunzione di innocenza e deve essere trattato in conformità ad essa.
84.3 Senza pregiudizio delle norme legali relative alla protezione della libertà individuale o alla procedura da seguire nei confronti dei prevenuti, questi beneficeranno di un regime speciale di cui le seguenti regole minime intendono fissare i punti essenziali.85. I prevenuti devono essere tenuti separati dai condannati.
85.2 I prevenuti minori devono essere separati dagli adulti. In linea di principio, dovranno essere assegnati a stabilimenti distinti.
86.1 I prevenuti devono essere alloggiati in camere individuali, salvi gli usi locali diversi, avuto riguardo al clima.
87. Nei limiti compatibili con il buon ordine dello stabilimento, i prevenuti possono, se lo desiderano, provvedere al proprio vitto a loro spese, procurandosi i generi alimentari dall'esterno per mezzo dell'amministrazione, della loro famiglia o dei loro amici. Altrimenti, vi deve provvedere l'amministrazione.
88.1 I prevenuti devono essere autorizzati a portare il proprio vestiario personale purché sia pulito e conveniente.
88.2 Se portano l'uniforme dello stabilimento, essa deve essere diversa da quella dei condannati.
89. Deve essere data loro sempre la possibilità di lavorare, ma non possono esservi obbligati. Se lavorano, devono essere remunerati.
90. Ogni prevenuto deve essere autorizzato a procurarsi, a proprie spese, o a spese di terzi, libri, giornali, materiale necessario per scrivere e ogni altro mezzo di occupazione, nei limiti compatibili con l'interesse dell'amministrazione della giustizia, con la sicurezza e il buon ordine dello stabilimento.
91. I prevenuti devono essere autorizzati a ricevere visite e le cure del proprio medico e dentista, se lo richiedono e se la domanda è ragionevole, e gli interessi sono in grado di provvedere alle relative spese.
92. I prevenuti devono potere immediatamente informare la famiglia della propria detenzione, ad avere tutte le ragionevoli facilitazioni per comunicare con i familiari e gli amici, e riceverne le visite con la sorveglianza e salve le restrizioni necessarie nell'interesse dell'amministrazione della giustizia, della sicurezza e del buon ordine dello stabilimento.
93. I prevenuti devono essere autorizzati a richiedere la nomina di un avvocato di ufficio, quando tale assistenza è prevista, e a ricevere le visite del proprio avvocato per motivi inerenti alla sua difesa. Deve potere preparare e trasmettere allo stesso istruzioni confidenziali. A questo scopo, se lo desidera, gli deve essere fornito materiale per scrivere. I colloqui tra il prevenuto e il suo avvocato possono essere a portata di vista, ma non a portata dell'udito dei funzionari di polizia o dello stabilimento.
D. CONDANNATI PER DEBITI E A PRIGIONE CIVILE
94. Nei Paesi dove la legislazione prevede la carcerazione per debiti o altre forme di carcerazione inflitte attraverso decisioni giudiziarie in seguito a procedimento non penale, questi detenuti non devono essere sottoposti a maggiore restrizione né essere trattati con maggiore severità di quelle necessarie ad assicurare la sicurezza e a mantenere l'ordine. Il loro trattamento non deve essere meno favorevole di quello dei prevenuti, salvo, tuttavia, l'eventuale obbligo del lavoro.
 
L’evoluzione della normativa europea

Il Consiglio d'Europa ha prestato attenzione alle condizioni di detenzione dei soggetti privati della libertà dopo l'entrata in vigore della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Risoluzione ONU del 1955; a partire dal 1973, l’intervento è stato costante e fortemente indirizzato ad un miglioramento delle condizioni di detenuti. In questo contesto si inserisce il progetto di stesura delle nuove Regole penitenziarie europee, avviatosi nei primi anni del Duemila; la nuova formulazione aveva lo scopo di implementare l'evoluzione del concetto di “umanità del trattamento dei detenuti”, tenendo in considerazione soprattutto l'operato della Corte europea dei diritti dell'uomo e delle valutazioni prodotte dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti disumani e degradanti, nella propria attività di monitoraggio e controllo. Un'ulteriore motivazione della necessità di aggiornare le Regole era stata portata alla luce anche dalla Conferenza ad hoc, tenutasi a Roma nel 2003, dei Direttori delle Amministrazioni penitenziarie e dei Servizi per le misure alternative degli Stati del Consiglio d'Europa. In quell'occasione è stato fatto presente che dal 1987 erano intervenuti numerosi cambiamenti nella società europea e che questi avevano prodotto dei mutamenti forti nel sistema penitenziario, specie nei Paesi dell'Est, attraversati dai tumulti relativi al passaggio da un Governo totalitario ad uno più democratico (e pertanto inclini ad una diversa concezione del concetto di pena e trattamento dei detenuti). Da queste premesse, l'11 gennaio 2006, il Consiglio dei Ministri con la Raccomandazione R(2006)2, ha adottato le nuove Regole penitenziarie europee. Lo scopo principale è quello di assicurare che il detenuto sia recluso in condizioni che non ledano la sua dignità e di fornire uno standard minimo di trattamento al di sotto del quale gli Sati non dovrebbero scendere.
Nel testo della Raccomandazione si segnala in particolare la regola 28 per ciò che riguarda l’istruzione e l’accesso ai servizi bibliotecari:
1. Ciascun istituto deve cercare di offrire ai detenuti l’accesso ai programmi d’istruzione che siano i più completi possibili e che soddisfino i bisogni individuali dei detenuti e ne prendano in considerazione le aspirazioni.
2. Deve essere data priorità ai detenuti che hanno bisogno di una alfabetizzazione primaria e a coloro che mancano di una istruzione di base e professionale.
3. Una particolare attenzione deve essere volta all’istruzione dei giovani detenuti e a coloro che hanno bisogni speciali.
4. La formazione deve essere considerata, dal punto di vista del regime penitenziario, alla stessa stregua del lavoro e i detenuti non devono essere penalizzati per la loro partecipazione alle attività di formazione, né finanziariamente né in nessun altro modo.
5. Ciascun istituto deve avere una biblioteca accessibile a tutti i detenuti, fornita di un’ampia gamma di risorse sia ricreative che istruttive, libri e altro materiale multimediale.
6. Laddove possibile, la biblioteca dell’istituto dovrà essere organizzata in collaborazione con i servizi di biblioteca del territorio.
7. Per quanto possibile, l’istruzione dei detenuti deve: a) essere integrata con il sistema scolastico e di formazione professionale nazionale in modo tale che dopo la liberazione essi possano continuare il loro percorso scolastico e di formazione professionale senza difficoltà; e b) essere svolta sotto l’egida di istituti di istruzione esterni.
Per ciò che riguarda che riguarda il lavoro la Raccomandazione (regola 26) prevede in particolare: 1. Il lavoro deve essere considerato un elemento positivo del regime penitenziario e in nessun caso può essere imposto come punizione.
2. Le autorità penitenziarie devono impegnarsi per fornire un lavoro sufficiente e utile.
3. Tale lavoro deve permettere, per quanto possibile, di mantenere o aumentare le capacità del detenuto di guadagnarsi da vivere normalmente dopo la scarcerazione.
4. In conformità a quanto disposto dalla Regola 13, non devono sussistere discriminazioni nel tipo di lavoro fornito basate sulla diversità di sesso.
5. Un lavoro che comprenda la formazione professionale deve essere fornito ai detenuti in grado di trarre beneficio da esso e specialmente ai giovani adulti.
6. Nei limiti compatibili con una razionale selezione professionale e con le esigenze di ordine e disciplina, i detenuti devono poter scegliere il genere di lavoro che desiderano effettuare.
7. L’organizzazione e le modalità di lavoro negli istituti penitenziari devono avvicinarsi, per quanto possibile, a quelle che regolano un lavoro analogo all’esterno, al fine di preparare i detenuti alle condizioni della vita professionale normale.
8. Benché il fatto che il profilo finanziario del lavoro penitenziario possa avere l’effetto di innalzare e migliorare la qualità e la pertinenza della formazione, tuttavia gli interessi dei detenuti non devono esser subordinati a tale scopo.
9. Il lavoro dei detenuti deve esser assicurato dalle autorità penitenziarie, con o senza il concorso di imprenditori privati, all’interno o all’esterno dell’istituto penitenziario.
10. In ogni caso il lavoro dei detenuti deve essere remunerato in modo equo.
11. Ai detenuti deve essere permesso di spendere almeno una parte di ciò che guadagnano per acquistare articoli consentiti per l’uso personale e di destinare una parte del loro guadagno ai familiari.
12. I detenuti possono essere incoraggiati a risparmiare una parte del loro guadagno, che sarà consegnata loro all’atto della liberazione o sarà utilizzata per altri scopi consentiti.
13. Le misure applicate in materia di sanità e di sicurezza devono garantire la tutela efficace dei detenuti e non possono essere meno rigorose di quelle di cui beneficiano i lavoratori nella società libera.
14. Si devono adottare provvedimenti per risarcire i detenuti vittime di incidenti sul lavoro, comprese le malattie professionali, in termini non meno favorevoli di quelli concessi ai lavoratori nella società libera.
15. Il limite massimo di ore di lavoro giornaliere e settimanali dei detenuti deve essere stabilito conformemente alle regole o agli usi locali che disciplinano il lavoro dei lavoratori liberi.
16. I detenuti devono avere almeno un giorno di riposo a settimana e tempo sufficiente per l’istruzione e per altre attività.
17. Per quanto possibile i detenuti che lavorano devono essere inseriti nel sistema nazionale della previdenza sociale.

La legge 354 del 1975 sull’Ordinamento penitenziario

La riforma penitenziaria del 1975 segna una svolta, almeno in relazione ai principi ispiratori della legislazione penitenziaria, perché sostituisce definitivamente il regolamento carcerario fascista del 1931. La legge del ‘75 attua infatti il principio costituzionale. Essa afferma che, ai fini del trattamento rieducativo, al detenuto deve innanzitutto essere assicurato il lavoro, sia all’esterno sia all’interno del carcere.
La legge sull’Ordinamento Penitenziario è divisa in due titoli, “Trattamento” e “Organizzazione”.
Il primo titolo si rifà ai principi costituzionali, sia per le modalità detentive (ex art. 27 Cost.), sia per la libertà personale.
Il concetto di umanizzazione della pena è evidente nell’articolo 1, comma 1 della legge, che stabilisce: “Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona.”
L’ultimo comma dello stesso articolo recita: “Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.”
Un altro elemento innovativo della legge 354/75 è il trattamento all’individualizzazione.
Si prescrive l’osservazione scientifica della personalità di ciascun detenuto, così da costituire un programma individuale, utile all’assegnare al detenuto il “luogo” in cui scontare la pena (tipo di istituto e sezione).
Risulta essere esemplificativo l’articolo 13, che stabilisce:
Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalità di ciascun soggetto. Nei confronti dei condannati e degli internati è predisposta l’osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. L’osservazione è compiuta all’inizio dell’esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell’osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo da effettuare ed é compilato il relativo programma, che è integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell’esecuzione.
Per ciò che riguarda la biblioteca, l’articolo 12 prevede:
Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attività lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attività in comune. Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell'art. 16. Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati.
La legge 103 del 2017 modifica tale normativa inserendo espressamente tra i materiali che devono essere forniti dalle biblioteche carcerarie anche il riferimento agli audiolibri, che possono costituire un valido ausilio, ad esempio, per gli stranieri o per persone con disabilità. Si tratta di una previsione, come si sottolinea nella relazione tecnica, già operativa. Nella medesima prospettiva la disposizione specifica che, nella formazione del fondo librario, si deve tener conto del carattere multiculturale della società libera nella quale, in prospettiva, si dovrà realizzare il ricollocamento sociale delle persone detenute e internate. In un'ottica di responsabilizzazione, la novella stabilisce che la commissione prevista dal secondo co. dell'art. 16 sia integrata da un rappresentante dei detenuti.

Il DPR 230 2000, Regolamento penitenziario

Per ciò che riguarda il servizio di biblioteca, il regolamento carcerario, ispirandosi alle linee guida IFLA del 1995, contiene, all’articolo 21, le seguenti indicazioni:
1. La direzione dell'istituto deve curare che i detenuti e gli internati abbiano agevole accesso alle pubblicazioni della biblioteca dell'istituto, nonché la possibilità, a mezzo di opportune intese, di usufruire della lettura di pubblicazioni esistenti in biblioteche e centri di lettura pubblici, funzionanti nel luogo in cui è situato l'istituto stesso.
2. Nella scelta dei libri e dei periodici si deve realizzare una equilibrata rappresentazione del pluralismo culturale esistente nella società.
3. Il servizio di biblioteca è affidato, di regola, a un educatore. Il responsabile del servizio si avvale, per la tenuta delle pubblicazioni, per la formazione degli schedari, per la distribuzione dei libri e dei periodici, nonché per lo svolgimento di iniziative per la diffusione della cultura, dei rappresentanti dei detenuti e degli internati previsti dall'articolo 12 della legge, i quali espletano le suddette attività durante il tempo libero. Si avvale altresì di uno o più detenuti scrivani, regolarmente retribuiti.
4. I rappresentanti dei detenuti o degli internati sono sorteggiati, con le modalità previste nell'articolo 67, nel numero di tre o cinque, rispettivamente per gli istituti con un numero di presenti non superiore o superiore a cinquecento.
5. Nell'ambito del servizio di biblioteca, è attrezzata una sala lettura, cui vengono ammessi i detenuti e gli internati. I detenuti e internati lavoratori e studenti possono frequentare la sala lettura anche in orari successivi a quelli di svolgimento dell'attività di lavoro e di studio. Il regolamento interno stabilisce le modalità e gli orari di accesso alla sala di lettura.

La carta dei diritti e dei doveri dei detenuti del 2012

Per ciò che riguarda il servizio bibliotecario in carcere, la Carta dei diritti e dei doveri prevede, alla voce “istruzione e attività culturali, sportive e ricreative”:
Negli istituti penitenziari si svolgono corsi scolastici a livello di scuola d’obbligo e di scuola secondaria superiore. I detenuti possono ricevere un sussidio giornaliero, nella misura determinata con decreto ministeriale, per la frequenza ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado. Ai detenuti che seguono corsi di istruzione secondaria di secondo grado o corsi universitari, e che hanno superato tutti gli esami di ciascun anno, vengono rimborsate, qualora versino in disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse, contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un premio di rendimento. Ai detenuti che si sono distinti per particolare impegno e profitto nei corsi scolastici e di addestramento professionale sono concesse ricompense. È altresì consentita la possibilità di svolgere la preparazione da privatista per il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore e della laurea universitaria.
Gli istituti sono forniti di una biblioteca, alla cui gestione collaborano gli stessi detenuti. L’accesso ai locali della biblioteca delle rispettive sezioni avviene in giorni ed orari stabiliti nel regolamento interno di istituto. Nell’istituto vengono organizzate attività culturali, sportive e ricreative che fanno parte del trattamento rieducativo. La loro organizzazione è curata da una commissione composta dal direttore, da uno o più educatori, da uno o più assistenti sociali e da una rappresentanza di detenuti. Per partecipare ai corsi e alle altre attività è sufficiente una richiesta scritta. Durante la permanenza all’aperto è consentito ai detenuti lo svolgimento di attività sportive.
Per ciò che riguarda il lavoro, la Carta prevede:
Il lavoro è uno degli elementi fondamentali del trattamento carcerario. I detenuti imputati possono partecipare, a loro richiesta, ad attività lavorative, sia all’interno dell’istituto (cuciniere, barbiere, magazziniere…) che all’esterno. Il lavoro all’esterno è una modalità di esecuzione della pena: per i condannati per reati comuni è applicabile senza alcuna limitazione, per i condannati alla pena della reclusione per delitti particolari è applicabile dopo l'espiazione di 1/3 della pena e per i condannati all’ergastolo è applicabile dopo l’espiazione di almeno 10 anni. Il magistrato di sorveglianza approva il provvedimento del direttore dell’istituto e indica le prescrizioni cui attenersi. I condannati e gli internati sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro hanno l’obbligo di prestare attività lavorativa. La mercede è stabilita in misura non inferiore ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro.

I disegni di legge depositati in questa legislatura

Nella attuale legislatura è stato presentato un disegno di legge (AS 230), recante Disposizioni volte alla rieducazione e al reinserimento dei detenuti nella società civile, a firma della senatrice Ginetti. Il testo, che riprende un DDL presentato dagli alunni dell’istituto superiore “Scipione Staffa” di Trinapoli, nell’ambito del progetto “Un giorno al Senato”, non prende in considerazione il servizio bibliotecario, ma prevede l’inserimento lavorativo, previa fase di formazione, dei detenuti al fine del recupero dei beni culturali.

Approfondimento tematico

Introduzione

Il nostro Disegno di Legge si propone di migliorare il funzionamento del servizio bibliotecario nelle carceri e favorire lo svolgimento, da parte dei detenuti, di attività lavorativa volontaria presso le Biblioteche territoriali, previa partecipazione a corsi di formazione professionale. Tutto ciò al fine di rendere sempre più efficaci gli interventi volti a realizzare il principio costituzionale enunciato dall’articolo 27. Certi che il conseguimento dell’obiettivo della rieducazione del condannato rappresenti un beneficio per tutta la società. In questo approfondimento intendiamo descrivere la situazione attuale e alcune delle esperienze realizzate nell’ambito che è oggetto del Disegno di Legge.

Alcuni dati

In Italia esistono circa 200 istituti penitenziari, tra case di reclusione, case circondariali, carceri mandamentali e altre tipologie di istituti. In ciascuno di essi la Legge prevede l’esistenza di una biblioteca funzionante. La situazione di fatto può essere sinteticamente descritta attraverso un recente studio campione svolto dalla dottoressa Marina Ferrari, per la redazione della sua tesi di laurea “ 'Let us read to become men'. Storia e analisi del servizio bibliotecario negli istituti penitenziari”, discussa nell’anno accademico 2017-2018 presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Di seguito la tabella con i dati sul sistema carcerario italiano:

ISTITUTO

POPOLAZIONE DETENUTA

PERCENTUALE DETENUTI STRANIERI

NUMERO VOLUMI PRESENTI

NUMERO DI VOLUMI PER DETENUTO

Ancona - Casa circondariale “Montacuto”

315

38%

5.122

16.26

Bari – Casa circondariale “Francesco Rucci”

430

17,2%

3.471

8.07

Belluno – Casa circondariale

80

70%

2.000 c.ca

25

Bologna – Casa circondariale “Rocco d’Amato”

800

60%

15.850

19.81

Ferrara - Casa circondariale “Costantino Satta”

353

36,5%

6.632

18.78

Genova – Casa circondariale “Marassi”

650

54%

12.000 c.ca

18.46

Milano (Bollate) – Casa di Reclusione “II C.R.”

1.250

30%

20.000 c.ca

16

Napoli (Secondigliano) – Casa circondariale

14.000

10%

8.000 c.ca

0.57

Orvieto - Casa di Reclusione

105

Percentuale non disponibile

2.498

23.79

Padova – Casa di Reclusione “Nuovo Complesso”

580

35%

16.920

29.17

Palermo – Casa circondariale “Antonio Lorusso”

1.300

15,7%

12.000

9.23

Potenza – Casa circondariale “Antonio Santoro”

193

39%

5.231

27.10

Pozzuoli – Casa circondariale femminile

177

15,9%

4.000 c.ca

22.59

Ravenna – Casa circondariale

78

44,3%

3.000 c.ca

38.46

Reggio Calabria (Arghillà) – Casa circondariale

380

10.5%

4412

11.61

Roma (Rebibbia) – Casa circondariale “Raffaele Cinotti”

340

19,4%

6.100 c.ca

17.94

Roma – Casa circondariale “Regina Coeli”

900

66,4%

6.000

6.6

Rovigo – Casa circondariale

140

70%

3.500 c.ca

25

Spoleto – Casa di Reclusione

446

19%

10153

22.7

Taranto - Casa circondariale “Carmelo  Magli”

617

6,7%

6.100

9.8

Torino - Casa circondariale “G. Lorusso – I. Cutugno”

1.400

49%

24.500

17.5

Trento - Casa circondariale “Spini di Gardolo”

325

70%

6.100 c.ca

18.7

Treviso – Casa circondariale

200

55%

3.200

16

Udine – Casa circondariale “Antonio Santoro”

160

50%

2.500

15.6

Venezia – Casa circondariale “Santa Maria Maggiore

150

60%

4.000 c.ca

26.6

Verona – Casa circondariale “Montorio”

490

53%

4.100 c.ca

8.3

Vicenza – Casa circondariale “Filippo del Papa”

239

50% c.ca

8.500 c.ca

35.5

Volterra – Casa di Reclusione

156

32% c.ca

4.238

27.1

 

Un dato interessante riguarda la percentuale dei volumi in lingua italiana (95%) rispetto a quelli in lingua straniera (5%). Tra questi circa il 50% del totale sono in Inglese (19%), francese (18%) e spagnolo (9%). Un altro dato importante riguarda la percentuale di volumi presi in prestito in un anno rispetto al numero complessivo disponibili. Se si fa eccezione per due istituti (Reggio Calabria e Verone) in tutti gli altri casi il dato è inferiore al 50%, con alcune situazioni in cui scende al disotto del 10%. Inoltre nel 69% dei casi, il catalogo risulta computerizzato.

Le linee guida IFLA

L’obiettivo a lungo termine dell’IFLA (“International Federation of Library Associations and Institutions”) “Working Group on Prison Library Services” all’interno della IFLA “Section for Libraries Serving Disadvantaged Persons” è stato quello di sviluppare linee guida internazionali per i servizi bibliotecari ai detenuti. Le linee guida internazionali possono concorrere al conseguimento di un buon servizio bibliotecario all’interno dei sistemi penitenziari nazionali. Da diversi paesi giungono ampie conferme del fatto che i libri e la lettura giocano un ruolo positivo nelle vite dei detenuti, anche se molti hanno un limitato bagaglio sia di istruzione che di capacità del saper vivere e non provengono da ambienti sociali dove la lettura sia molto popolare. Allo stesso modo ben pochi detenuti nella loro vita esterna risultavano iscritti alla biblioteca pubblica. Si potrebbe quasi affermare che la biblioteca pubblica non riesca a raggiungere questa categoria di persone. Ciò che il detenuto legge dipende molto da ciò che gli viene offerto. Migliore è la qualità delle raccolte, migliore sarà la qualità della lettura. Sembra perciò molto logico che dentro la prigione debba esistere una biblioteca altrettanto valida di quella che esiste fuori. La biblioteca carceraria è il sostituto della biblioteca personale e, di conseguenza, raggiunge quasi ogni detenuto.

Esistenza e scopo delle biblioteche carcerarie

1.    Ogni carcere o simile istituzione con una popolazione media da 25 unità in su deve avere una biblioteca propria per l’uso esclusivo dei detenuti. Le raccolte delle biblioteche carcerarie dovrebbero emulare quelle delle biblioteche pubbliche locali, però al tempo stesso dovrebbero tenere conto in modo appropriato della natura della popolazione carceraria, ovvero dotarsi di materiali giuridici, materiali multiculturali, materiali per l’autoapprendimento e materiali in tutte quelle lingue rappresentate all’interno della popolazione dell’istituto di pena. I detenuti devono essere tenuti costantemente informati sulle notizie e le questioni di cronaca attraverso l’accesso a quotidiani e riviste, radio e televisione. Il trattamento dei detenuti non dovrebbe aumentare la loro sensazione di esclusione dalla comunità, ma piuttosto dovrebbe enfatizzare la continuità del loro molo all’interno di essa.
2.    Tutte le categorie di detenuti dovranno avere accesso alla biblioteca ed ai suoi servizi. Il tempo di permanenza in biblioteca a loro disposizione dovrebbe essere sufficientemente lungo da permettere ai detenuti di selezionare, curiosare tra gli scaffali e fare richieste di materiale senza la pressione aggiuntiva dei vincoli di tempo. I detenuti che non possono accedere alla biblioteca come conseguenza di restrizioni di sicurezza o procedure di isolamento dovrebbero ricevere una visita del bibliotecario su base settimanale; (al bibliotecario dovrebbe essere concesso il tempo sufficiente per raccogliere le richieste e rispondere alle domande. In tali circostanze i detenuti dovrebbero avere accesso ad un catalogo completo della collezione della biblioteca.
3.    La biblioteca carceraria dovrebbe fornire ai detenuti l’opportunità di favorire e sviluppare le loro capacità del saper vivere, non soltanto per aumentare le prospettive occupazionali ma anche in quanto mezzo per permettere loro di acquisire una sensazione complessiva di realizzazione personale. La biblioteca dovrebbe perciò fornire le risorse appropriate per venire incontro ai bisogni informativi, culturali, sociali, educativi e ricreazionali dei detenuti.
4.    Le biblioteche carcerarie dovrebbero fornire materiale bibliotecario e di informazione indipendentemente dal supporto, in modo da arricchire e sostenere pienamente il programma delle attività previste per i detenuti di ogni istituto carcerario.
5.    Le biblioteche carcerarie dovrebbero aiutare a preparare i prigionieri al loro reinserimento nella comunità incoraggiandoli ad utilizzare la biblioteca e insegnando loro come fare il miglior uso delle risorse disponibili, ad esempio informazioni sulla formazione professionale, sui bandi per l’assegnazione di alloggi, sul pagamento di sussidi, ecc.
6.    La promozione della biblioteca e le attività di istruzione degli utenti sono di importanza fondamentale in un contesto carcerario. I detenuti hanno una gamma particolarmente diversificata di bisogni informativi e bibliografici: il molo del bibliotecario nel soddisfare questi bisogni è perciò cruciale. I detenuti con problemi di acquisizione delle abilità di base della lettura, scrittura e calcolo, gli stranieri e i gruppi di minoranze richiedono tutti una speciale guida in questo senso.

Alcune esperienze in corso

Nel 1999 è stata firmata una Convenzione tra il Comune di Roma, l’Istituzione Sistema Biblioteche e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero di Giustizia, grazie alla quale il carcere, da sempre descritto come luogo di sofferenze, soprusi e tragedie, assume una nuova veste: quella di luogo di lettura, studio, crescita culturale e personale, socializzazione.
I cinque istituti penitenziari di Roma (Regina Coeli, Rebibbia, Rebibbia - Nuovo Complesso, Casa di Reclusione, Terza casa Maschile e Femminile) sono stati dotati di circa 5000 volumi, 1000 DVD, 3000 fumetti. 1300-1500 sono i prestiti mensili complessivi per un’utenza di circa 3200 detenuti. Sono questi i numeri di un servizio importante per i carcerati, organizzato con metodi attuali e con la collaborazione anche di personale esterno.
Il Servizio Biblioteche in Carcere risale ai primi anni ’90; nel 1998 iniziò una regolare collaborazione con il Regina Coeli, fino alla Convenzione del 1999, che tratta dell’organizzazione, promozione, gestione del servizio bibliotecario nei suddetti 5 carceri di Roma, integrato nella rete bibliotecaria della città, al fine di fornire un servizio di pari dignità a quello offerto a tutta la cittadinanza.
All’inizio la gestione era svolta esclusivamente da volontari, poi la Convenzione ha permesso la crescita organica del patrimonio, la presenza di bibliotecari dell’ente pubblico, l’integrazione tra le reti territoriali, ma off-line perché in carcere non c’è la connessione internet.
Queste biblioteche sono molto fornite di testi in lingua per gli stranieri, sono presenti abbonamenti a periodici e riviste ed è attivo il prestito interbibliotecario (tra le biblioteche in carcere e quelle della rete metropolitana). Inoltre si organizzano numerosi appuntamenti di animazione culturale e promozione della lettura: presentazioni di libri, di film, incontri con autori, letture a voce alta, circoli di lettura.
Molti detenuti sono diventati bibliotecari ed affermano di aver trovato giovamento in questa attività: con la lettura e gli impegni legati alla biblioteca, i mesi passano più velocemente, la porta della biblioteca è un gate verso una libertà mentale indispensabile per sopravvivere nel carcere. Si tratta certamente di una grande responsabilità: il bibliotecario deve cercare di comprendere e sostenere le difficoltà dei detenuti, che a volte prendono per la prima volta un libro in mano. Al tempo stesso fare il bibliotecario restituisce la fiducia in se stessi e negli altri.

Altra interessante esperienza è in corso a Milano. Dal 2018 i gruppi di lettura delle biblioteche Affori, Dergano-Bovisa, Fra Cristoforo, Gallaratese, Crescenzago, Parco, Quarto Oggiaro, Sant’Ambrogio, Sicilia, Tibaldi, Valvassori Peroni e Venezia sono in contatto con i gruppi di lettura formati all'interno degli Istituti di pena del milanese (Bollate, ICAM, Opera e San Vittore) all’interno del progetto “Biblioteche e Carceri – Costruttrici di ponti attraverso i gruppi di lettura e scrittura”.
I gruppi di “dentro” e di “fuori” si incontrano con regolarità per condividere l'esperienza di lettura di libri e racconti scelti insieme. Il progetto coinvolge circa 400 persone (lettori delle biblioteche, persone detenute, operatori, bibliotecari e volontari) che, grazie alla mediazione della lettura, diventano protagoniste di incontri che coinvolgono l’immaginario e la riflessione personale. Il progetto mira a erodere la distanza che separa la realtà dei detenuti, pur così vicini fisicamente alla città, e vuole creare l'opportunità di momenti di incontro diretto con i cittadini, valorizzando l’esperienza dei gruppi di lettura e la lettura stessa come capaci di costruire ponti che superano il muro della detenzione.

Anche nella Provincia di Brescia è in corso il “Progetto biblioteche in carcere”.
Grazie a questo progetto, le biblioteche degli Istituti penitenziari bresciani - Canton Mombello e Verziano - aderiscono alla Rete Bibliotecaria Bresciana. La collaborazione tra le Direzione degli Istituti e l'Ufficio Biblioteche pone le basi per l'attuazione, nel contesto bresciano, dei principi sanciti, oltre che dalla Costituzione, anche dall'UNESCO e dalle linee guida IFLA in materia.
Gli obiettivi previsti sono: promozione delle biblioteche degli istituti detentivi attraverso il loro inserimento nel circuito organizzazione dei servizi della RBB; sostegno alla gestione biblioteconomica; formazione del personale interno; collaborazione nell'acquisizione dei nuovi documenti; prestito interbibliotecario con le biblioteche della RBB; organizzazione di attività promozionali; fornitura di arredi e strumenti per la gestione della biblioteche.

La legislazione e gli interventi in materia da parte della Regione Marche
La Regione Marche ha approvato una legge, la n. 28 del 2008, intitolata “Sistema regionale integrato degli interventi a favore dei soggetti adulti e minorenni sottoposti a provvedimenti dell'Autorità giudiziaria ed a favore degli ex detenuti”. Detta legge contiene numerose previsioni in materia di istruzione, inserimento lavorativo e istruzione professionale.
Attraverso l'attuazione della L.R. 28/08 ed un ulteriore contributo da parte dell'Assessorato alla Cultura della Regione Marche, grazie all'interessamento delle Politiche Sociali e delle Politiche per l'Inclusione Sociale della Regione Marche, è iniziato nel 2012 il “Sistema Bibliotecario Carcerario Regionale delle Marche”. È un progetto regionale sperimentale di promozione e fruizione delle biblioteche interne agli istituti penitenziari. Scopo del progetto è “far vivere” le biblioteche penitenziarie e gli stessi detenuti, per i quali spesso i libri e la lettura diventano una possibilità non soltanto di svago ma di contatto con il mondo esterno.
L'Associazione Italiana Biblioteche (AIB) ha proposto al Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP), in collaborazione con il Ministero della Giustizia e i rappresentanti degli Enti locali, la stesura di un documento con lo scopo di creare un punto di riferimento univoco. L'immediata e positiva risposta del DAP ha permesso la costituzione di un gruppo di lavoro che ha elaborato un modello di protocollo d'intesa per definire le relazioni tra le carceri e le biblioteche di pubblica lettura.
Vede quindi coinvolti: gli Ambiti Territoriali Sociali di Camerino, Ancona, Ascoli Piceno, Fermo, Fossombrone, Montefeltro e Pesaro, i Direttori degli Istituti Penitenziari della Casa di Reclusione Ancona Battaglione, della Casa Circondariale di Ancona Monteacuto, della Casa Mandamentale di Macerata Feltria, della Casa Circondariale di Pesaro, della Casa di Reclusione di Ascoli, della Casa Circondariale di Camerino, della Casa Circondariale di Fermo e della Casa di Reclusione di Fossombrone, i rispettivi operatori, il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria Marche (P.R.A.P.), l'Assessorato alle Politiche Sociali della Regione Marche, l'Associazione Italiana Biblioteche Sezione Marche e Cooperativa CoopCulture.
Gli obiettivi sono:
1.    Individuazione e formazione o aggiornamento del personale a vario titolo individuato, come “operatore” delle diverse realtà bibliotecarie.
È un percorso formativo previsto per un totale di 15 ore, 5 percorsi formativi di 3 ore ciascuno, con rilascio di attestato di partecipazione (AIB).
Le lezioni sono tenute all’interno dell’istituto detentivo e sviluppate dalle figure di operatore bibliotecario esterno operante, a queste lezioni possono partecipare anche gli operatori penitenziari. Gli argomenti trattati sono: la storia del libro, la storia delle biblioteche, il ruolo e le mansioni del bibliotecario penitenziario, la gestione del servizio, gli elementi di biblioteconomia per bibliotecari penitenziari e l’introduzione all’uso di “Winiride”.
La finalità è di creare interesse per il servizio e il suo mantenimento, oltre che creare una conoscenza professionale. Emerge, infatti, sempre più la consapevolezza che occorre delineare in modo specifico la figura professionale del bibliotecario carcerario. Bisogna definirne competenze, ruoli, funzioni e proponendo modelli organizzativi finalizzati a introdurre questa nuova professione nel complesso sistema delle carceri italiane, affinché un numero sempre maggiore di istituti penitenziari abbia biblioteche inserite a pieno titolo nel panorama istituzionale mondiale, come prescritto dalle “Linee guida per i servizi bibliotecari ai detenuti” IFLA.
2.    Informatizzazione dei servizi, conforme in tutti gli istituti della regione, previa dotazione di postazione informatica adeguata.
L’informatizzazione avviene parimenti in tutti gli istituti con la presenza di un pc dedicato al servizio biblioteca. Lo scopo è quello di consentire la consultazione del posseduto dalle singole biblioteche permettendo il servizio di prestito per il detenuto-utente, migliorando la qualità e favorendo l’informazione e la lettura, risulta quindi essere strumento indispensabile.
Il programma gestionale scelto e da istallare è “Winiride” - programma sviluppato in ambiente Windows dall'Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell'Autonomia Scolastica (ex Indire)- allo scopo di informatizzare le biblioteche ed i centri di documentazione. La scelta di questo software gestionale, oltre che per la sua gratuità, è dovuto al fatto che è già da tempo utilizzato in luoghi di detenzione, come la Casa Circondariale di Padova, la Casa di Reclusione di Fossombrone, la Casa Circondariale di Pesaro.
3.    Revisione dell’intera raccolta patrimoniale documentaria, revisione ed aggiornamento dei sevizi di prestito e reference, informatizzazione dei servizi.
Azioni avviate, da parte degli operatori bibliotecari esterni, in tutti gli istituti interessati dal progetto allo stato attuale sono:
a)    Revisione dell’intera raccolta patrimoniale documentaria, per meglio valorizzare le risorse disponibili e renderle maggiormente fruibili. Tale operazione di svecchiamento si sta compiendo attraverso uno scarto ragionato ispirato alla metodologia internazionale dell’”American Library Association” e sulla base delle “Raccomandazioni” dell’IFLA e sulla base di utenza caratterizzante l’istituto penitenziario.
b)    Revisione ed aggiornamento dei sevizi di prestito e reference interni che avverranno principalmente attraverso queste modalità condivise parimenti in tutti gli istituti. Il servizio di prestito avviene con una richiesta scritta. L’utente consulta l’elenco dei libri posseduti fornito dai bibliotecari e indica la sua scelta facendola pervenire al detenuto lavorante che collabora con la Biblioteca. I bibliotecari assolvono le funzioni di registrazione del prestito nelle schede utenti e nella scheda del prestito e recapitano i documenti attraverso il lavorante stesso. D’altra parte, il servizio di Reference al pubblico prevede che, dove previsto da regolamento interno all'istituto, gli utenti possano accedere al locale della Biblioteca (a piccoli gruppi o singolarmente) con cadenza stabilita per poter scegliere da soli il documento ricercato e chiedere eventualmente consigli ed aiuto ai bibliotecari.
4.    Prestito intersistemico
Il servizio di prestito intersistemico/interbibliotecario tra le biblioteche interne dei diversi istituti detentivi della Regione Marche vuol rendere possibile la circolazione dei documenti posseduti ed ammessi al prestito tra le biblioteche del SBCR prima e quelle presenti nel circuito delle biblioteche pubbliche regionali. Il prestito intersistemico è il corollario logico di una organizzazione sistemica che si pone l’obbiettivo di far condividere l’intero patrimonio documentario a tutti i “lettori detenuti”, pur essendo collocati in sedi e località diverse.
5.    Convenzione con biblioteche pubbliche della regione Marche
Sull’esempio di convenzioni già esistenti che hanno creato la base di rapporto tra una biblioteca e un carcere, si propone un progetto di un Sistema Integrato tra le biblioteche comunali delle aree interessate dalla presenza di istituti detentivi e gli istituti di pena della Regione attraverso sottoscrizione di convenzioni che permettano ai detenuti l’accesso al patrimonio librario delle biblioteche pubbliche del territorio. L’importanza del progetto è nel valore della convenzione istituzionale tra il carcere e l’ente locale, l’idea che la biblioteca del carcere sia una sorta di estensione del servizio offerto quotidianamente alla cittadinanza ma questa volta dentro il carcere, nella comunicazione che si innesca con il mondo esterno.
6.    Revisione ed incremento patrimoniale
La volontà è quella di raggiungere le quantità minime dei materiali nelle raccolte indicate dagli standard IFLA – International Federation of Library Associations an Istitutions – Linee guida per i servizi bibliotecari ai detenuti
“Ci deve essere un minimo di 20 volumi a testa per detenuto e mai meno di 2000 volumi per istituto (indipendentemente dalla dimensione dello stesso), oltre al materiale  di reference, i fumetti, i puzzles, i giochi, la musica, la documentazione, i programmi per computer e le risorse elettroniche. Le raccolte dovranno venire integrate attraverso prestiti interbibliotecari. Nel caso si rendesse necessario articolare le raccolte in più di 8 lingue diverse, il numero minimo dei volumi dovrà aumentare.”
7.    Miglioramento intercultura
Evolvere il servizio biblioteca verso azioni che possano fornire a detenuti stranieri gli strumenti adeguati al mantenimento del legame con la loro cultura d’origine.
Dotare la biblioteca di materiali adatti all’apprendimento dell’italiano come lingua seconda. Formare i cittadini detenuti italiani, con particolare attenzione alle nuove generazioni, all’ intercultura intesa come conoscenza e rispetto delle culture altre.
Favorire il mantenimento del legame con lingua d’origine e l’integrazione nella nuova cultura, creando condizioni di apprendimento, attraverso strumenti idonei, della lingua italiana. Per questo si necessita di materiali appositi e diversificati, poiché ognuno di noi ha una tipologia diversa di intelligenza e di stile di apprendimento.

Ogni singolo ATS, responsabile territoriale dell’ubicazione degli istituti di pena, individuerà, con il supporto delle strutture carcerarie di riferimento, un detenuto operatore di biblioteca che affiancherà l’operatore bibliotecario esterno individuato dalla società Pierrecicodess Coopcultura. L’AIB (Associazione Italiana Biblioteche), si occuperà di:
a)    farsi garante del buon operato degli operatori assieme al coordinatore di progetto;
b)    tracciare nuove linee di sviluppo dei servizi, condivise con le figure precedentemente citate;
c)    curare la formazione professionale degli operatori bibliotecari esterni e detenuti operatori di biblioteca;
d)    fungere da organo di coordinamento tra biblioteche carcerarie e biblioteche pubbliche, scolastiche, ecc. del territorio.

Protocollo d'intesa tra il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, la Conferenza delle regioni e province autonome e l’Associazione italiana biblioteche per la promozione e lo sviluppo del servizio di biblioteca negli Istituti penitenziari italiani - 30 dicembre 2017
Premesso che l’Ordinamento Penitenziario stabilisce che presso ogni Istituto penitenziario deve essere presente un servizio di biblioteca come risorsa significativa per la realizzazione del trattamento dei detenuti e degli internati; in particolare il D.P.R. 230/2000 (art. 21) prevede che tale servizio sia arricchito e potenziato «anche attraverso intese con biblioteche e centri di lettura pubblici presenti nel luogo dove è situato l’istituto» e che i detenuti e gli internati siano favoriti quanto più possibile nella fruizione di tale servizio.

Art. 5 - Funzione della biblioteca
La biblioteca, nel quadro degli interventi trattamentali attuati negli istituti penitenziari, svolge la funzione di centro informativo e di supporto all’apprendimento della comunità penitenziaria e, compatibilmente con il regime detentivo cui sono individualmente sottoposti i soggetti reclusi, garantisce ai propri utenti un accesso ampio e qualificato alla conoscenza, all’informazione e alla cultura, senza distinzione di età, razza, sesso, religione, nazionalità, lingua o condizione sociale.
Art. 6 - Attività
Al fine di realizzare le funzioni del servizio bibliotecario penitenziario, gli accordi e le convenzioni di cui al precedente art. 4 saranno finalizzate a promuovere le seguenti attività:
a)    l’accesso al patrimonio librario e multimediale da parte dei detenuti, anche attraverso appositi sistemi di consultazione informatizzata del catalogo, che rispettino le misure di sicurezza che i singoli Istituti penitenziari riterranno necessarie;
b)    il progressivo incremento del patrimonio librario e multimediale, tenendo conto della composizione della popolazione detenuta e dei suoi bisogni di lettura e apprendimento, con il concorso degli enti territoriali e attraverso iniziative congiunte di sensibilizzazione delle varie componenti della filiera del libro a livello locale e nazionale;
c)    la valorizzazione degli aspetti multiculturali delle etnie presenti negli Istituti penitenziari, attraverso la promozione e diffusione di testi di autori stranieri in lingua originale e bilingui;
d)    favorire l’integrazione del servizio bibliotecario interno con le biblioteche del territorio, mediante l’inserimento delle biblioteche penitenziarie nel circuito del prestito interbibliotecario territoriale;
e)    la formazione professionale dei detenuti incaricati della conduzione del servizio bibliotecario interno, attraverso interventi realizzati con il concorso degli enti del territorio;
f)    la realizzazione di iniziative culturali quali incontri con l’autore, seminari su specifiche tematiche, dibattiti con personalità della cultura etc, favorendo l’integrazione di tali iniziative con il Progetto d’Istituto stilato dall’Area Trattamentale – titolare della gestione del servizio di biblioteca interno – e le attività scolastico/formative presenti nel singolo Istituto;
Al fine di garantire la massima efficacia della collaborazione fra il servizio bibliotecario interno all’Istituto penitenziario e quello territoriale, il regolamento della biblioteca interna e le procedure operative sono armonizzate – laddove possibile e nel rispetto delle norme di sicurezza – con quelli delle biblioteche esterne coinvolte nella collaborazione.
I predetti accordi e convenzioni possono prevedere la possibilità, per i detenuti ammessi ai benefici previsti dall’ordinamento penitenziario vigente, di svolgere tirocini di inserimento lavorativo finalizzati all’inserimento occupazionale.
I predetti accordi e convenzioni possono – inoltre – contemplare l’avvio di servizi bibliotecari specificamente rivolti al personale dipendente dell’Amministrazione penitenziaria, prevedendo il coinvolgimento attivo delle parti interessate nella fase della loro progettazione.
Art. 10 - Durata, rinnovi e recesso
Il presente protocollo ha durata quinquennale. Eventuali modifiche sono disposte conformemente alle norme di legge a cui le Amministrazioni firmatarie sono sottoposte.
È ammessa la facoltà di recesso, da esercitare mediante comunicazione avente valore legale inviata agli altri sottoscrittori, fermo restando che dovrà essere garantito il completamento delle eventuali iniziative già poste in essere.

Lo scopo del servizio, e quindi della presente convenzione, vuole essere quello di favorire quanto più possibile l’accesso dei detenuti alle pubblicazioni delle biblioteche dell’istituto e del territorio, compatibilmente con le esigenze organizzative e di sicurezza della struttura penitenziaria; che l’iniziativa costituisce una forma di partecipazione della comunità esterna all’attività trattamentale.
Il personale dell’Istituzione Sistema delle Biblioteche Centri Culturali (ISBCC) che opera all’interno dell’Istituto si occupa del prestito tra le diverse biblioteche di sezione, del prestito presso le sezioni dove non sia ancora presente una biblioteca di sezione, e del prestito interbibliotecario con la/le altre biblioteche del territorio.
I detenuti scrivani di Biblioteca sono selezionati dalla Direzione di concerto con il personale del Comune e collaborano a tali attività nei modi consentiti dall’Ordinamento e dal Regolamento Penitenziario.
Il personale del/dell’(Ente/Comune), in accordo con la Direzione dell’Istituto e – in particolare – con i Funzionari giuridico -pedagogici, promuove lo sviluppo del servizio e fornisce ai detenuti incaricati e ad altri eventuali operatori il supporto per l’apprendimento di tecniche elementari di catalogazione e di gestione di una biblioteca di base.
Si impegna a fornire la propria consulenza tecnica per la realizzazione – in collaborazione con i referenti informatici dell’Amministrazione penitenziaria – delle reti locali (LAN) e per la connessione alla rete territoriale (WAN) e al Servizio Bibliotecario Nazionale (SBN), compatibilmente con le esigenze di sicurezza dell’Istituto penitenziario.