Modifica dell’art. 39 della Costituzione della Repubblica italiana

  • Pubblicato il 24 Aprile 2020
  • da IIS Tecnico-Professionale Spoleto, Spoleto (PG)
Modifica dell’art. 39 della Costituzione della Repubblica italiana

Onorevoli Senatori! - Ci rivolgiamo a tutti coloro che, come noi, ritengono che la nostra Costituzione sia tra le più belle del mondo; non occorre ricordare la sforzo compiuto dall’Assemblea Costituente né rimarcare quanto siano stati meritevoli di elogio i risultati di tale sforzo; non intendiamo in questa circostanza sostenere la opportunità di attuare la Costituzione, per quanto tale intendimento sia ovviamente nobile e condivisibile quanto, piuttosto, di attualizzarla, di renderla cioè più rispondente alle mutate esigenze e, per così dire, “modernizzarla”.
Nonostante i tempi spesso (inaccettabilmente) lunghi di attuazione di numerosi principi costituzionali a tutt’oggi si può affermare con una certa soddisfazione che nella sua quasi totalità la Costituzione trova applicazione nella vita politica e sociale del Paese.
Al di là di poche norme di carattere programmatico sulle quali il Parlamento deve impegnarsi al fine di realizzarne per quanto possibile i contenuti, per il resto il dettato costituzionale ha trovato applicazione quanto meno nella sostanza e sul piano normativo.
Tuttavia una significativa eccezione persiste e rappresenta un insopportabile “tradimento”: ci riferiamo alla mancata attuazione dei commi nn 2, 3 e 4 dell’art. 39.
Le norme ivi contenute non hanno mai avuto attuazione né, a questo punto, verranno mai applicate essendo interesse praticamente di nessuno che si realizzi l’impianto pensato dai Padri della Costituzione; di talché non ci resta che revisionare il testo dell’art. 39 in modo che le nuove norme, da noi di seguito proposte, trovino applicazione (e non potrà essere diversamente perché l’hanno già avuta).
Ciò che proponiamo consiste, infatti, nel sostituire agli attuali commi inattuati norme che sono il frutto della elaborazione giurisprudenziale degli ultimi decenni e che in pratica descrivano gli attuali assetti delle relazioni tra le parti sociali al fine di avere una Costituzione della Repubblica più moderna, più attinente alla realtà sociale e rispondente ai bisogni dei cittadini e, soprattutto, una Costituzione che trovi sempre maggiore attuazione nella vita reale e quotidiana.
Si propone pertanto per l'approvazione il seguente disegno di legge costituzionale composto da un solo articolo che sostituisce integralmente l'art. 39 della Costituzione della Repubblica.

Art. 1
(Modifica dell'art. 39 della Costituzione della Repubblica italiana)

L'articolo 39 della Costituzione è sostituito dal seguente: "L'organizzazione sindacale è libera con i limiti stabiliti nell’art. 18 Cost.
I contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati avranno efficacia obbligatoria nei confronti dei soli iscritti alle associazioni firmatarie; detti contratti saranno punto di riferimento per gli altri contratti di lavoro comunque stipulati non potendo questi ultimi contenere pattuizioni peggiorative delle condizioni del lavoratore rispetto a quanto previsto nella contrattazione collettiva.

 

il 13/05/2020
A. C. - Spoleto (PG)
ha proposto il seguente emendamento:
Emendamento1.1 (proponenti: Persichetti Paolo, Tosti Anastasia)

All'articolo 1, dopo il comma 2, inserire il seguente:

“2-bis. I rapporti tra le associazioni rappresentative dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro sono disciplinate dalle norme della Legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori). Le eventuali modifiche di tali norme dovranno essere approvate con la partecipazione e condivisione delle più rappresentative associazioni firmatarie dei contratti di lavoro collettivi e senza ricorso al procedimento di revisione costituzionale.”
Approvato
  • Voti totali: 16
  • Favorevoli: 16
  • Contrari: 0
  • Astenuti: 0

Onorevoli Senatori! - Ci rivolgiamo a tutti coloro che, come noi, ritengono che la nostra Costituzione sia tra le più belle del mondo; non occorre ricordare la sforzo compiuto dall’Assemblea Costituente né rimarcare quanto siano stati meritevoli di elogio i risultati di tale sforzo; non intendiamo in questa circostanza sostenere la opportunità di attuare la Costituzione, per quanto tale intendimento sia ovviamente nobile e condivisibile quanto, piuttosto, di attualizzarla, di renderla cioè più rispondente alle mutate esigenze e, per così dire, “modernizzarla”.
Nonostante i tempi spesso (inaccettabilmente) lunghi di attuazione di numerosi principi costituzionali a tutt’oggi si può affermare con una certa soddisfazione che nella sua quasi totalità la Costituzione trova applicazione nella vita politica e sociale del Paese.
Al di là di poche norme di carattere programmatico sulle quali il Parlamento deve impegnarsi al fine di realizzarne per quanto possibile i contenuti, per il resto il dettato costituzionale ha trovato applicazione quanto meno nella sostanza e sul piano normativo.
Tuttavia una significativa eccezione persiste e rappresenta un insopportabile “tradimento”: ci riferiamo alla mancata attuazione dei commi nn 2, 3 e 4 dell’art. 39.
Le norme ivi contenute non hanno mai avuto attuazione né, a questo punto, verranno mai applicate essendo interesse praticamente di nessuno che si realizzi l’impianto pensato dai Padri della Costituzione; di talché non ci resta che revisionare il testo dell’art. 39 in modo che le nuove norme, da noi di seguito proposte, trovino applicazione (e non potrà essere diversamente perché l’hanno già avuta).
Ciò che proponiamo consiste, infatti, nel sostituire agli attuali commi inattuati norme che sono il frutto della elaborazione giurisprudenziale degli ultimi decenni e che in pratica descrivano gli attuali assetti delle relazioni tra le parti sociali al fine di avere una Costituzione della Repubblica più moderna, più attinente alla realtà sociale e rispondente ai bisogni dei cittadini e, soprattutto, una Costituzione che trovi sempre maggiore attuazione nella vita reale e quotidiana.
Si propone pertanto per l'approvazione il seguente disegno di legge costituzionale composto da un solo articolo che sostituisce integralmente l'art. 39 della Costituzione della Repubblica.


Art. 1
(Modifica dell'art. 39 della Costituzione della Repubblica italiana)

1. L'articolo 39 della Costituzione è sostituito dal seguente: "L'organizzazione sindacale è libera con i limiti stabiliti nell’art. 18 Cost.
2. I contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati avranno efficacia obbligatoria nei confronti dei soli iscritti alle associazioni firmatarie; detti contratti saranno punto di riferimento per gli altri contratti di lavoro comunque stipulati non potendo questi ultimi contenere pattuizioni peggiorative delle condizioni del lavoratore rispetto a quanto previsto nella contrattazione collettiva.".
3. I rapporti tra le associazioni rappresentative dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro sono disciplinate dalle norme della Legge n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori). Le eventuali modifiche di tali norme dovranno essere approvate con la partecipazione e condivisione delle più rappresentative associazioni firmatarie dei contratti di lavoro collettivi e senza ricorso al procedimento di revisione costituzionale.

Approfondimento

Approfondimento normativo

L'art. 39 della Costituzione, dopo aver sancito, al comma 1, il principio della libertà di organizzazione sindacale, stabilisce: che le OO.SS. sono soggette esclusivamente all'obbligo della registrazione presso appositi uffici; che la condizione per ottenere la registrazione è che gli statuti prevedano un ordinamento interno a base democratica; che a seguito della registrazione il sindacato acquisti la personalità giuridica.
Tuttavia, il sistema previsto dall'art. 39 in parola non ha mai trovato applicazione nel nostro ordinamento giuridico, in quanto non è stata mai emanata la legge ordinaria di attuazione. Il principale ostacolo sarebbe costituito dal necessario controllo governativo, richiesto dal sistema costituzionale, sia riguardo alla struttura interna, che agli iscritti e alla loro consistenza numerica. Attualmente, quindi, le OO.SS. assumono ancora la natura giuridica di enti di fatto.
Del resto, la mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione ha fatto sì che, ancora oggi, le Associazioni sindacali siano disciplinate dalle norme di diritto comune, e in particolare dagli artt. 36, 37 e 38 del Codice Civile.

LO STATUTO DEI LAVORATORI (L, n. 300 del 20/05/1970)
Titolo II
DELLA LIBERTA' SINDACALE
Art. 14 (Diritto di associazione e di attività sindacale)
Art. 15 (Atti discriminatori)
Art. 16 (Trattamenti economici collettivi discriminatori)
Art. 17 (Sindacati di comodo)
Art. 18 Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo
Titolo III
DELL'ATTIVITA' SINDACALE
Art. 19 (Costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali)
Art. 20 (Assemblea)
Art. 21 (Referendum)
Art. 22 (Trasferimento dei dirigenti delle Rappresentanze sindacali
aziendali)
Art. 23 (Permessi retribuiti)
Art. 24 (Permessi non retribuiti)
Art. 25 (Diritto di affissione)
Art. 26 (Contributi sindacali)
Art. 27 (Locali delle rappresentanze sindacali aziendali)
Titolo IV
DISPOSIZIONI VARIE E GENERALI
Art. 28 (Repressione della condotta antisindacale)

Approfondimento tematico

La classe IV AFM ha svolto un approfondimento piuttosto analitico della storia e delle vicende che hanno interessato le associazioni sindacali (Società di Mutuo Soccorso e Società Operaie) dalla metà del XIX secolo fino alle Associazioni Sindacali dei nostri giorni.
Gli alunni, con il supporto dell'insegnante di Storia, hanno contestualizzato storicamente le vicende sindacali inserendole nel susseguirsi degli sviluppi storici, economici e politici che hanno caratterizzato la storia (relativamente) recente del nostro Paese.
Data per scontata la conoscenza del procedimento di formazione della Legge ordinaria e delle Leggi di revisione della Costituzione, così come già acquisita la conoscenza dell'attività svolta dalla Assemblea Costituente e le caratteristiche principali della nostra Costituzione, il lavoro si è concentrato sul dettato dell'art. 39 e sulle norme dello Statuto dei Lavoratori che si occupano in particolare della attività sindacale, non ignorando peraltro quanto disposto dall'art. 18 della Costituzione e, infine, dagli artt. nn. 36,37 e 38 del Codice Civile.
L'attenzione dei giovani “legislatori” si è soffermata intanto sulla preliminare considerazione che il contenuto di detto articolo è a tutt'oggi quasi per intero disapplicato, poi hanno valutato le ragioni di ordine tecnico e le motivazioni più prettamente politiche che hanno condotto all'attuale situazione disciplinata di fatto dalle norme poco sopra richiamate ed infine, ritenendo opportuno, laddove non sia possibile conformare la realtà sociale al dettato costituzionale, modificare la Costituzione in modo tale da renderla corrispondente alla realtà sociale.

La classe ha lavorato alla realizzazione della presente proposta di Legge sia per una certa corrispondenza con i programmi ed argomenti di studio, sia per il comune e vivo interesse suscitato negli alunni dal progetto e dall'argomento prescelto.
L'attività, coordinata ed ispirata dall'insegnante di diritto, si è sviluppata attraverso la ricerca in rete delle notizie e dei documenti attinenti l'argomento (la cui scelta è stata anch'essa frutto della elaborazione degli studenti), la valutazione e rielaborazione dei contenuti, la espressione finale di una proposta di Legge che è sembrata razionale ed opportuna.
Gli argomenti approfonditi come necessario preludio alla maturazione della proposta di legge finale riguardante la modifica del mai applicato art. 39 della Costituzione sono stati:
1.Il procedimento di formazione di una legge ordinaria e quello, aggravato, previsto per la legislazione costituzionale.
2. La natura e la storia dalle origini delle associazioni sindacali italiane.
3. L'attuale testo dell’art. 39 della vigente Costituzione.
Il SINDACATO è un'organizzazione che associa i membri di una o più categorie di lavoratori, o di datori di lavoro.
Il compito del sindacato è quello di curare e difendere gli interessi economici e professionali degli associati. Nel linguaggio corrente il termine è riferito sempre più spesso all'associazione sindacale dei lavoratori, quindi il sindacato è un'associazione o, chiamiamola pure una federazione o una lega.
Inizialmente le prime associazioni si chiamavano Società di Mutuo Soccorso e Società Operaie.
In Inghilterra le prime associazioni sindacali presero il nome di Trade Unions (sindacato anglosassone).
Le Società di Mutuo Soccorso (SMS) ebbero sin dall'inizio una composizione interclassista (composta da diverse classi sociali).
Nonostante si definissero come associazioni "apolitiche" era elevata l'influenza esercitata dal pensiero borghese (appartenente cioè alla classe formata dai proprietari terrieri, dai commercianti, dagli artigiani, dai dirigenti industriali, dai liberi professionisti, dai gruppi, che detenevano la ricchezza e i mezzi di produzione) in tutte le sue varianti: moderato-costituzionale, democratico - radicale e mazziniano repubblicano. Alcune società erano di carattere confessionale, riferite cioè alla chiesa.
Le prime SMS erano concentrate nel Regno di Sardegna, la loro diffusione nazionale avvenne dalla seconda metà del XIX secolo.
Comunque il mutualismo (aiuto vicendevole fra più persone) attecchì nel Centro Nord, soprattutto in Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Emilia e Toscana.
Scopi delle Società Mutuo Soccorso: assistenza sanitaria gratuita e sussidi in denaro in caso di disoccupazione, malattia, infortunio, vecchiaia o decesso; versamenti volontari per formare una sorta di deposito da utilizzare per l'elargizione dei sussidi.
Tra le attività secondarie vi furono anche l'assistenza morale, l'istruzione e l'educazione.
Dopo tante incertezze politiche nel 1861, a Firenze, si affermò la corrente mazziniana, che rafforzò la base del lavoro salariato e la solidarietà operaia.
La diffusione del pensiero marxista mise in crisi l'ideale mazziniano che rifiutava la lotta di classe ed era per il sostanziale mantenimento dell'ordine sociale.
Il giudizio di Mazzini sulla Comune di Parigi (1870) segnò il tramonto definitivo dell'egemonia repubblicana dal movimento operaio italiano.
Dalle 113 SMS del 1862, si arrivò alle oltre 5000 di fine secolo.
L'impostazione dei primi dirigenti era filantropica (caritatevole altruista e solidale verso gli altri senza interesse personale) e paternalistica (cioè il vedere tutte le azioni come elargizioni dovute ad illuminata bontà).
Nel 1886 si costituì a Milano la Federazione Nazionale delle Cooperative.
Questo fu un passaggio che segnò una maturazione del movimento operaio.
L'evoluzione del sistema industriale, il diffondersi delle idee socialiste e anarchiche, misero in crisi le società di Mutuo Soccorso, ormai non più in grado di soddisfare i nuovi bisogni e le esigenze nascenti del nuovo proletariato industriale.
Cominciarono a costituirsi le cosiddette Leghe di Resistenza che rappresentarono un salto di qualità notevole, perché si sganciarono dalla vecchia tutela borghese (benestante) per diventare strumenti di tutela di classe autonoma, gestita dal basso.
L'atto costitutivo prevedeva una sorta di manifesto politico con obiettivi sociali ben precisi.
Ma una delle novità principali stava nella possibilità di organizzare agitazioni (scioperi) contro i padroni per denunciare lo sfruttamento operaio e per avere riconosciuti i diritti della persona.

Negli ultimi decenni del XIX secolo il rapporto di lavoro era individuale, le paghe basse, gli orari di lavoro lunghi, la fatica immensa.
La produzione irregolare generava una disoccupazione alta che strideva con il largo impiego di lavoro femminile e minorile.
La cronica mancanza di lavoro e la miseria diedero luogo al fenomeno dell'emigrazione che, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, coinvolse milioni di italiani.
Questo fiume umano venne indirizzato verso gli Stati Uniti, Francia e Belgio, ma l'emigrazione non allentò le strozzature del mercato del lavoro italiano
La crisi delle campagne colpì migliaia di braccianti. E fu in questa fase che si ebbe una diffusione capillare delle idee socialiste e anarchiche.
Alle Società di Mutuo soccorso si affiancarono le prime Leghe di Resistenza caratterizzate da una forte impronta classista che escludeva quasi sempre i piccoli proprietari terrieri.
Nella Bassa Padana, in Veneto, Romagna, Emilia e nel Mantovano, si intensificarono le lotte. Mantova fu il fulcro di queste agitazioni.
Il movimento mantenne un carattere spontaneo ed estraneo a qualsiasi centro istituzionale.
Infatti le più significative Leghe nacquero sulla spinta di importanti scioperi come quello dei metallurgici di Genova e di Milano del 1890 e del 1891 o dei muratori di Milano nel 1893.
Seguirono quello dei tipografi, dei panettieri, dei setaioli, dei cappellai ed infine dei ferrovieri.
Si trattava comunque di una aristocrazia (élite) operaia, perché la gran parte erano operai di mestiere che svolgevano mansioni praticamente artigiane e che avevano uno spirito fortemente corporativo.
All'inizio degli anni Novanta fecero la loro comparsa le Camere del Lavoro, destinate a rappresentare organismi centrali e specifici del movimento sindacale.
Le prime Camere del Lavoro nacquero nel 1891 a Milano, Torino e Piacenza e i loro obiettivi dichiarati erano: il collocamento, l’istruzione e l’assistenza.
 Il fine ultimo restava il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, da raggiungersi senza il ricorso alla resistenza anticapitalistica.
Durante le prime esperienze "sindacali" i dirigenti camerali ricorsero spesso all'arbitrato, soprattutto su materie quali il salario e l'orario di lavoro.
Proprio nel 1891, anno di nascita delle prime Camere del Lavoro, Papa Leone XIII scrisse l'enciclica (lettera papale) intitolata Rerum Novarum, che è stata poi alla base di tutta la successiva dottrina sociale della Chiesa.
Nel documento tutti i punti salienti ruotavano attorno al principio cristiano della difesa e della dignità del lavoro umano.
Da questo ne discendeva anche il riconoscimento della proprietà privata, la condanna del marxismo ateo, ma anche del liberalismo (concezione politica che sosteneva le libertà personali del cittadino ed affidava allo Stato il compito di garantirle) che produceva, secondo la Chiesa, sfruttamento e generava un dissidio stridente fra ricchi e poveri.
Tra il 1893 e il 1901, si sviluppò un processo di graduale trasformazione dei compiti delle Camere del Lavoro.
A poco a poco, la loro specificità di strutture organizzate su base territoriale e interprofessionale, fece sì che le funzioni originali del collocamento e dell'assistenza passassero ad una tutela più ampia e generale degli interessi del proletariato.
Tra il 1893 e il 1901, proprio durante la fase di maturazione camerale, iniziò la parabola del sindacalismo federale.
Le Federazioni di mestiere, accanto alle Camere del Lavoro, si imposero come le più grandi organizzazioni del proletariato italiano.
IL 1901 fu l'anno di nascita della principale federazione dell'industria la FIOM (Federazione Italiana Operai Metallurgici). Lo statuto prevedeva il definitivo collegamento con le altre associazioni.
Nel 1902 contava più di 50 mila aderenti.
Successivamente seguirono, a partire dal 1901, i tessili, i vetrai, i chimici e i lavoratori del legno.
Ma il 1901 fu soprattutto l'anno di nascita della FEDERTERRA in quel periodo l'Italia era ancora un paese a forte prevalenza agricola.
L'Organizzazione era concentrata soprattutto al Nord; ma anche al Sud si registravano parecchie adesioni.
Nel 1901 si iscrissero 150 mila lavoratori, che nel 1902 diventarono 240 mila.
La linea rivendicativa era incentrata sul tema della socializzazione della terra.
Nel 1906 nasce la Confederazione Generale del Lavoro (Cgl) come struttura capace di raccogliere tutte le forze operaie.
All'atto delle fondazione partecipano 700 delegati in rappresentanza di oltre 80 camere del lavoro e di circa 200.000 aderenti.
Viene confermata una doppia struttura, verticale o federazioni di categoria, orizzontale attraverso le camere del lavoro.
Funzione delle federazioni è occuparsi degli interessi della categoria, mentre le singole camere del lavoro si occupano delle questioni locali.
Spetta alla Confederazione, secondo la statuto, assumere la direzione generale del movimento.
In questo periodo nascono nelle aziende le commissioni interne che attendono un riconoscimento ufficiale. La prima legittimazione si avrà all'Itala di Torino nel 1906.
Altri riconoscimenti si avranno successivamente alla Borsalino nel 1908 e alla Fiat nel 1912.

1912: in posizione critica rispetto alla Cgil nasce nell'Unione sindacale italiana (Usi).
Nell'Usi trovano collocazione le aree operaie che non si riconoscono nella Cgl.
Intanto la guerra del 1914 cambia molti aspetti dell'economia italiana.
Viene decretata la ''mobilitazione industriale'' e negli stabilimenti vengono vietati gli scioperi mentre vengono fatte molte assunzioni nelle officine, negli uffici, nei trasporti pubblici allo scopo di assicurare il massimo della produzione. Il potere contrattuale dei sindacati diminuisce. Non c'è modo di avanzare richieste, né si possono effettuare manifestazioni o scioperi. Torino diventa un centro attivo di protesta operaia. Gli operai protestano perché i contratti scaduti sono prorogati fino alla fine del conflitto. Si hanno veri e propri atti insurrezionali per tutta la città.
Alla fine della guerra i primi a far sentire la loro voce sono i contadini poveri che occupano terre demaniali o incolte in Lazio, Puglia, Calabria, Sicilia. La protesta si diffonde in tutta Italia.
In Toscana, Umbria e Marche dove i mezzadri chiedono una ripartizione più favorevole dei prodotti. Il sindacato si rafforza.
A livello nazionale la Cgl conta nei primi mesi del dopoguerra 600.000 iscritti che arrivano a 2 milioni e 100.000 nel 1920.
Nel gennaio del 1919 la FIOM avanza la richiesta di ridurre l'orario giornaliero a 8 ore (48 settimanali) a parità di salario. In poco più di un mese l'accordo viene raggiunto senza scioperi.
Nel frattempo a marzo 1919 si costituisce il movimento fascista e incominciano le azioni violente degli squadristi contro il sindacato. Nell' aprile del 1921 a Torino viene incendiata la Camera del lavoro. Nel Polesine vengono uccisi capi lega, sedi della Cgl vengono distrutte in Emilia e in Toscana. Tra il 1921 e il 1922 i fascisti danno vita a proprie organizzazioni sindacali. Nel 1922 i fasci creano la Confederazione nazionale delle Corporazioni sindacali.
Nel 1923 la Confindustria stipula un patto (detto di Palazzo Chigi) con le Corporazioni fasciste, in base al quale i due organismi si impegnano a collaborare per ridurre la conflittualità sociale.
A gennaio del 1925 viene annunciata la fine delle libertà costituzionali e con questo la fine delle libere associazioni e del sindacato.
Il sindacalismo democratico si ricostituisce solo con il Patto di Roma (3 giugno 1944) esso stabilisce che vi sarà un solo organismo su tutto il territorio nazionale, la CGIL (CONFEDERAZIONE GENERALE ITALIANA DEL LAVORO).
Anche la Confederazione generale italiana dell'industria si ricostituisce a Roma nel settembre 1944.
Sarà l'attentato a Togliatti nel 1948 l'occasione per una scissione e per la nascita di Cisl e Uil.
Appena appresa la notizia dell'attentato a Togliatti l'esecutivo nazionale della Cgil si pronuncia per uno sciopero generale prolungato, mentre i membri democristiani del direttivo Cgil sollecitano la fine dello sciopero.
Si prende atto della ''rottura dell'unità sindacale''. Il 16 ottobre dello stesso anno nasce la Libera Confederazione Generale Italiana del lavoro (Lcgil).
Nel 1949 ci sarà una ulteriore scissione. Anche i repubblicani escono dalla Cgil e la Lcgil con le nuove minoranze va a costituire la Confederazione Italiana Sindacato lavoratori Cisl (1 maggio 1950). Successivamente si costituisce la Unione Italiana del Lavoro (Uil).
Nei primi anni 60 l'azione sindacale è intensa. A fine anni 60 i sindacati sollevano, in sede contrattuale, il problema delle gabbie salariali in una vertenza condotta unitariamente. Le differenze tra zona e zona sono consistenti, anche se ridotte da due accordi nel 1953 e nel 1961. L'obiettivo di eliminare del tutto le sperequazioni geografiche viene raggiunto in base ad un accordo concluso tra Fiom e Industriali.
In quegli anni, a livello parlamentare, viene discusso e approvato lo ''STATUTO DEI LAVORATORI'' (Legge n. 300/1970).
Nel giugno del 1969 il Congresso della CGIL a Livorno, nel riconfermare la linea della contrattazione aziendale, decide di attivare le sezioni sindacali come sede per la contrattazione, sollecitando il riconoscimento del diritto di assemblea sul luogo di lavoro.
In questi anni le lavoratrici conquistano una serie di garanzie sia a livello contrattuale che legislativo, dalla parità salariale alla legge n. 1204 del 1971 che assicura la conservazione del posto di lavoro nei periodi pre e post-maternità.
Il 25 luglio 1972 nasce la Federazione unitaria CGIL, CISL, UIL.
1975: la C.G.I.L., affiancandosi a C.I.S.L. e U.I.L. aderisce alla Confederazione Europea dei Sindacati (C.E.S.).
La mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione
L'art. 39 Cost., dopo aver previsto nel primo comma che l'organizzazione sindacale è libera, e che quindi i sindacati possono regolarmente esercitare la propria attività e prevedere, tramite la scelta dei lavoratori/categorie professionali da tutelare, quale sarà il proprio campo di applicazione, prevede nei commi 2, 3 e 4 che i sindacati siano sottoposti a registrazione, per la quale è necessaria la democraticità degli statuti e che, in forza della registrazione, essi acquisiscano personalità giuridica, potendo poi stipulare contratti con efficacia vincolante nei confronti di tutti i lavoratori del settore o categoria interessata (erga omnes).
Il disposto dell'art. 39 riflette anzitutto la volontà di una parte politica che voleva salvare il sistema corporativo, modificandolo nel punto della libera elezione dei dirigenti, ed in secondo luogo la volontà di un'opposta parte politica che non voleva intromissioni da parte dello Stato.
I commi in questione, infatti, rimangono tuttora inattuati: essi, non essendo dotati di efficacia diretta nell'ordinamento, necessitavano di un intervento da parte del legislatore, intervento che non è mai arrivato per una serie di ragioni:
L'idea, tipica del sistema corporativo, che un sistema sindacale di diritto dovesse prevedere obbligatoriamente la personalità giuridica dei sindacati e l'efficacia erga omnes dei contratti, è stata via via abbandonata;
-Il sistema sindacale di fatto esistente ha assunto sempre maggiore importanza, tramite lo strumento della contrattazione collettiva, e lo stesso legislatore ha, nella prassi, accettato l'idea di un sistema di tal genere.
Ragioni di carattere politico
Le ragioni della mancata attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., seconda parte, sono diverse. Si tratta di ragioni di carattere politico e di carattere tecnico. Sul piano politico, le motivazioni sono
sintetizzabili nell’avversione sindacale, manifestata dapprima da una componente dei nostri sindacati, ma poi condivisa anche dalle altre, nei confronti dell’idea dell’attuazione costituzionale. E’ stata inizialmente la CISL a manifestare tale avversione. E ciò per ragioni pratiche (trattandosi, infatti, di un sindacato minoritario rispetto alla tradizionale rivale, la CGIL, nel meccanismo di rappresentanza unitaria costituita proporzionalmente al numero degli iscritti essa avrebbe finito per occupare una posizione di minoranza) e teoriche (è stata la CISL ad elaborare la teoria del cd. pan-contrattualismo, volta a privilegiare, nella tutela dei lavoratori, l’attività sindacale rispetto all’intervento dello Stato). Peraltro, anche la CGIL ha in seguito fatto proprio l’atteggiamento di avversione nei confronti di una legge attuativa dell’art. 39 Cost., per il timore che da essa scaturissero forme di ingerenza e di controllo dello Stato sull’attività sindacale. Per comprendere meglio tale atteggiamento del sindacato bisogna ricordare che, all’indomani dell’entrata in vigore della Costituzione, e per tutti gli anni cinquanta del secolo scorso, vi fu un intenso dibattito su come l’art. 39 Cost. avrebbe dovuto essere attuato. Il dibattito, dottrinale e politico-sindacale, ha riguardato i possibili contenuti della legge sindacale che avrebbe attuato la seconda parte dell’art. 39 Cost. In discussione erano diversi profili: quali uffici dovessero provvedere alla registrazione dei sindacati; se la registrazione dovesse essere condizionata ad una consistenza numerica minima, onde evitare la registrazione di sindacati di totale non rappresentatività o addirittura di “comodo”; se la personalità del sindacato dovesse essere di diritto privato o di diritto pubblico, con i conseguenti penetranti controlli da parte dello Stato; secondo quali criteri (ad es., quello di maggioranza ovvero di unanimità) si sarebbero dovuti comporre gli eventuali contrasti all’interno della rappresentanza unitaria. Evidentemente, la mancata attuazione dell’art. 39 Cost. scaturì dal timore dei sindacati che una legge di attuazione potesse essere fortemente invasiva delle loro libertà ed autonomia interna ed esterna. Certo, sarebbe stata possibile anche un’attuazione rispettosa di esse, ma la prospettiva storico-sociale in cui bisogna inserire il dibattito è quella del periodo immediatamente successivo al regime corporativo, con la conseguente vischiosità di un passato ancora troppo recente.
Quanto alle ragioni di carattere tecnico, occorre segnalare che l’attuazione dell’art. 39 avrebbe comportato (e comporterebbe) la soluzione di problemi non irrilevanti: in primis, la verifica del numero degli iscritti nel caso di conflitto tra le organizzazioni sindacali in merito alla reciproca consistenza associativa. Occorre, infatti, ricordare che, secondo il meccanismo previsto dall’art. 39 Cost., le rappresentanze unitarie sono costituite in proporzione al numero degli iscritti. In caso di contrasto tra i sindacati circa la loro reciproca consistenza associativa occorrerebbe affidare ad una pubblica autorità il compito, non agevole, di verificare il numero degli iscritti. In secondo luogo, problematica è la questione della definizione della categoria di riferimento per la stipulazione dei contratti collettivi. Nel periodo corporativo v’era infatti una predeterminazione statale delle categorie; e ciò, mentre si ritiene

che il principio di libertà sindacale implichi anche la libertà dei sindacati di determinare l’ambito di riferimento della propria attività (ad es., gli addetti ai cantieri navali sono ora ricompresi nella generale categoria dei “metalmeccanici”; tuttavia, in un regime di libertà sindacale, nulla impedirebbe la costituzione di un sindacato autonomo, rappresentante specificamente gli addetti ai cantieri navali, con la pretesa di stipulare un autonomo contratto per gli stessi). Va da sé che l’art. 39, seconda parte, seppure inattuato, non è privo di effetti giuridici: esso impedisce, infatti, al legislatore ordinario di attribuire efficacia erga omnes ai contratti collettivi con un meccanismo diverso da quello descritto.
Benché i sindacati abbiano evitato, in forza della mancata attuazione dell'intero articolo 39, di "contarsi", cioè di scendere in campo con il numero dei propri iscritti ben chiaro, essi hanno perso il potere, ben più ampio rispetto alla contrattazione collettiva attuale, di stipulare contratti valevoli per le intere categorie rappresentate.